Spending review: Cottarelli continua a sfornare dati. Ma i tagli degli sprechi quando arrivano?

Il lavoro del commissario sembra quello di un Centro studi sulla spesa pubblica. Intanto un consiglire del Lazio costa 900mila euro e uno delle Marche 500mila: perchè? E salta anche la fusione tra Aci e Motorizzazione che vale 60 milioni di risparmi.

Spending review: il piano di Cottarelli per il taglio agli sprechi

SPENDING REVIEW PIANO COTTARELLI – Passo dopo passo siamo arrivati all’Enciclopedia della spending review. Una montagna di analisi, tabelle, studi, documenti. E possibili tagli: possibili solo sulla carta, non certi. Il lavoro di Carlo Cottarelli e del suo gruppo assomiglia sempre più alle dettagliate ricerche di un Centro Studi che, per il momento, mette insieme una serie di buchi neri nei rubinetti della spesa pubblica. Molti dei quali erano già noti all’opinione pubblica e non richiedevano certo la nomina di un commissario ad hoc per essere certificati.

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LE SOCIETA’ PARTECIPATE – Si parte, per esempio, dal disastro delle partecipate, le piccole Iri che con le loro gestioni clientelari sono alla base dei dissesti finanziari delle amministrazioni comunali. Bene: Cottarelli ci comunica che il dato del ministero dell’Economia, 7.700 società, è da considerarsi provvisorio in quanto i numeri di cui il governo dispone sono ancora <opachi>. E la perdita complessiva, 1 miliardo e 200 milioni di euro l’anno, destinata ad allargarsi. Anche nel linguaggio il commissario non scopre alcuna novità, e nel suo blog definisce il sistema delle partecipate come <una giungla variegata> (una frase che abbiano scritto e letto centinaia di volte). E le soluzioni? Cessioni ai privati, accorpamenti, chiusure di rami secchi. Tutto molto, troppo vago, con la prevedibile resistenza delle amministrazioni locali pronte a fare barricate, spesso sotto la falsa bandiera della difesa del <bene comune>, per non mollare la presa su questi giganteschi centri di potere e di spesa pubblica.

I COSTI DELLA POLITICA – Quanto ai costi della politica, i cui dati sono rimasti misteriosamente nascosti nei cassetti del commissariato per alcuni mesi, le scoperte non sono sensazionali e l’idea di ottenere, a breve, una sforbiciata nella spesa delle amministrazioni locali per 630 milioni di euro resta piuttosto aleatoria. Cottarelli pensa di agire attraverso la leva dei costi standard per portare allo stesso livello alcune spese, a partire dalla palude delle regioni. Al momento, infatti, un consigliere regionale del Lazio, della Calabria e della Sicilia, costa 900mila euro, quello del Molise 1 milione mezzo di euro, il collega delle Marche 500mila euro. Mentre il conto dei famosi vitalizi, al netto di tutta la retorica sullo scandalo per questo privilegio, continua a lievitare: 173 milioni nel 2012, con il solo Lazio che vede questa voce di spesa schizzare da 15,9 a 20 milioni di euro. Come lievitano i rimborsi ai gruppi parlamentari: 73 milioni di euro l’anno, oltre ai contributi per le spese elettorali. Per non parlare dell’altra giungla del federalismo all’italiana: quella delle sedi di rappresentanza delle regioni all’estero. La Lombardia ne ha 18, dal Cile al Kazakistan, il Veneto invece ha aperto uffici in India, Cina, Vietnam e Paesi Arabi. Sono dettagli raccapriccianti, che aggiungono discredito a un ceto politico irresponsabile nell’uso dei soldi pubblici: ma sono storie che in gran parte già conoscevamo. E il lavoro di Cottarelli non aggiunge molto, se non sarà seguito da decisioni operative, sul campo. Sulle quali il governo dovrà attrezzarsi, perché le amministrazioni regionali, pur di difendere questa sciagurata forma di autonomia, fanno fuoco e fiamme, portando carte e ricorsi dal Tar alla Corte Costituzionale. E se hanno poteri speciali, come nel caso della Sicilia, prendono i tagli del governo, come il tetto ai maxi stipendi dei dirigenti e dei consiglieri regionali, e li infilano nel cestino. Della serie: a casa mia faccio quello che voglio.

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I MANAGER PUBBLICI – Un’altra scoperta non certo sensazionale del team di Cottarelli riguarda qualche consolidata e costosa abitudine ai piani alti della Rai. I direttori delle testate cambiano a ogni giro di valzer, cioè di governo, ma a differenza di tutti i manager pubblici non perdono né il posto (con relativa qualifica) né tantomeno lo stipendio ma vengono parcheggiati nel cosiddetto “cimitero degli elefanti”. Considerando il frequente turn over di governi, la tv di Stato è imbottita di direttori a stipendio pieno in attesa di ricollocazione, e allo stesso tempo il rapporto tra i semplici redattori ed i giornalisti con alte qualifiche (e costi) è 1 a 2,5. A viale Mazzini vale il motto “todos caballeros”. E anche la domanda è semplice: che fare, oltre che documentare in termini di spending review l’anomalia? Nulla. Se non aspettare l’età del pensionamento dei direttori congelati.

LE FORZE ARMATE – Nei vari capitoli dell’enciclopedia di Cottarelli c’è spazio anche per le Forze armate: Carabinieri (105mila unità), Polizia (95mila), Finanzieri (60mila). I concorsi sono bloccati da anni e, secondo le indiscrezioni che filtrano da palazzo Chigi, l’obiettivo del governo sarebbe quello di procedere con un piano di maxi-prepensionamenti, al ritmo di 150 persone al mese. Oltre che alcuni accorpamenti di uffici (per esempio la Forestale con la Penitenziaria) e la chiusura di 300 postazioni. Il risparmio potenziale è di 1,5 miliardi di euro, ma si tratta di una cifra del tutto teorica. Innanzitutto per i tempi dell’operazione, che non sono certo brevi, ma anche per la decisa ostilità delle organizzazioni sindacali, ben spalleggiate da alcune forze politiche all’interno dello stesso governo, che parlano a chiare lettere di <un rischio per il sistema di sicurezza nazionale>.

L’ILLUMINAZIONE STRADALE – Già, perché ogni taglio, ogni sforbiciata, anche la più piccola, è sempre ostacolato con la bandiera del rischio per il sistema Paese. Perfino del buio. Cottarelli, infatti, ha scoperto (altro spreco ben noto) che abbiamo l’illuminazione stradale più costosa d’Europa: spendiamo il doppio rispetto alla Germania e alla Gran Bretagna e più di un terzo nei confronti della Francia. Qui si tratterebbe semplicemente di spegnere qualche luce  (<senza avere paura del buio> scrive ironico Cottarelli nel suo blog) e il risparmio immediato sarebbe di 200 milioni di euro, ma se si facesse poi un piano per l’efficienza energetica dell’intera rete dell’illuminazione stradale il minore costo, a carico dei comuni sempre con le casse vuote per scuole e servizi, sarebbe di oltre 1 miliardo di euro.

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLA SPESA PUBBLICA – A questo punto il bilancio di Cottarelli, ricerche e studi a parte, è molto magro. La moltiplicazione dei numeri e delle denunce di sprechi e di possibili tagli non ha ancora prodotto alcun risultato concreto, misurabile in termini di minori uscite per lo Stato. Ed è veramente un mistero anche solo immaginare come il governo riuscirà, con questo ritmo da studiosi accademici della spesa pubblica, a raggiungere l’obiettivo di 3 miliardi di euro di risparmi nel 2014, 17 miliardi nel 2015 e 34 nel 2016. Perfino il meccanismo dei costi standard, altro capitolo di un’efficiente e trasparente spesa pubblica in discussione da anni, è sospeso al filo dell’incertezza, tanto che lo stesso commissario ha deciso di spostare al prossimo anno la creazione delle centrale unica di acquisti, visto che la banca dati al momento è aggiornata solo al 2010. Dunque è tutta da rifare. Come bisogna ripartire da zero per un banale intervento di razionalizzazione della spesa, già annunciato con tanto di conferenza stampa a palazzo Chigi: la fusione tra Aci e Motorizzazione. Doveva tradursi in un risparmio immediato di 60 milioni di euro, ma sotto la pressione delle diverse lobby al momento la fusione è scomparsa nel decreto per la riforma della Pubblica amministrazione. E resta solo scolpita, a futura memoria per futuri investigatori della spesa pubblica, nell’enciclopedia della spending review.

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