Smaltimento amianto, a Udine il primo impianto per il riuso delle fibre

Una scoperta risalente a circa 9 mesi fa, ricavata facendo interagire l’amianto con il siero di latte e scoprendo di poter rendere inerti i rifiuti pericolosi

Un metodo innovativo per arginare la dannosità di un materiale di scarto, frutto di un accordo tra una realtà industriale e un centro di ricerca. È questo il meccanismo che porterà alla nascita del primo impianto in grado di trasformare le fibre di amianto rendendole non solo inerti, ma addirittura riutilizzabili.

Tale strumento tecnologico, secondo quanto leggiamo su “Ecoblog”, sorgerà a Sedegliano, in provincia di Udine, grazie alla collaborazione tra la locale Friulana Costruzioni e la Chemical Center di Castello d’Argile (BO), uno spin off dell’università felsinea operante nel settore delle nanotecnologie e biotecnologie per la progettazione, sintesi e caratterizzazione chimico-fisica di nuovi materiali tecnologicamente avanzati.

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È stata proprio la Chemical Center a sviluppare il brevetto del procedimento in grado di eliminare la tossicità mediante un processo di disgregazione e di reazione idrotermale con altri prodotti. Una scoperta risalente a circa 9 mesi fa, ricavata facendo interagire l’amianto con il siero di latte e scoprendo di poter così rendere inerti i rifiuti pericolosi, che possono arrivare a essere riutilizzabili nel ciclo produttivo. Gli studi preliminari e di laboratorio per la successiva progettazione sono nella fase di avvio, ma l’innovativo brevetto potrebbe portare grandi benefici alla collettività.

“Eravamo impegnati nella costruzione del centro raccolta amianto a Pannellia di Codroipo e con la consociata Friulana Ambientale eravamo già specializzati in bonifiche ambientali – ha sottolineato Alberto Steolo, titolare dell’azienda friulana – è bastata qualche settimana per capire che l’abbinata sarebbe stata vincente e poco dopo abbiamo preso contatto per saperne di più”.

Un’innovazione in grado di creare tanti indiscutibili vantaggi agli attori coinvolti: “Quello che mi ha maggiormente entusiasmato del progetto è che non vi siano emissioni in atmosfera e che venga creato un alto valore aggiunto dalla trasformazione di due rifiuti abbinati insieme, nel nostro caso siero di latte e amianto – ha aggiunto Steolo – ma non è finita qui, il siero è solo una delle materie in valutazione, non l’unica; siamo interessati anche ad altri scarti di lavorazione della filiera agricola aventi base acida, anche questo fa parte dello studio di fattibilità”.

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