Quando l’alta moda non spreca: il caso Armani

Che cosa hanno in comune Giorgio Armani e Katharine Hamnett? Sono due stilisti molto famosi in tutto il mondo, e anche molto diversi per il genere di abiti in circolazione con la loro firma, e in questo momento appaiono entrambi, quasi con sincronia, concentrati sull’uso di materiali ispirati alla filosofia di Non Sprecare. Re Giorgio, […]

Che cosa hanno in comune Giorgio Armani e Katharine Hamnett? Sono due stilisti molto famosi in tutto il mondo, e anche molto diversi per il genere di abiti in circolazione con la loro firma, e in questo momento appaiono entrambi, quasi con sincronia, concentrati sull’uso di materiali ispirati alla filosofia di Non Sprecare. Re Giorgio, sempre molto abile a cavalcare l’onda dei nuovi stili di vita e delle nuove tendenze  in materia di consumi,  ha appena fatto indossare a una splendida Livia Firth un abito lungo in tessuto serico ottenuto in modo meccanico, e non chimico, dal riciclo delle bottiglie di plastica. Inoltre, il tessuto ha una provenienza da “chilometro zero”, in quanto è stato ricavato, grazie a una sofisticata tecnologia, in zone di produzione made in Italy, anzi Nord Italy. La scelta di Armani ha immediatamente scatenato la curiosità e i commenti di buyer , esperti del settori, grandi firme della moda, innescando un circolo virtuoso a vantaggio del brand dello stilista. D’altra parte, sia alle sfilate di Milano che a quelle di Pitti Filati, due tappe importanti per cogliere le nuove tendenze, l’utilizzo dei rifiuti, e quindi il riciclo, sono stati al centro dell’attenzione dei visitatori. Scarti di legno, mais, carta, plastica, pelle: tutto viene recuperato sotto il segno di una nuova sostenibilità della moda e della sua industria. Il 60 per cento del poliestere prodotto dal gruppo Miroglio, per esempio, è frutto del riciclo di questi materiali, e l’obiettivo è di arrivare al 100 per cento entro il 2015. E’ come se stilisti, industria, mercato e consumatori, stessero cercando, spinti da uno stesso vento, nuove piste per aggirare gli ostacoli della recessione e per incrociare una crescente domanda di neo –sobrietà. Un altro esempio, ancora relativo alle sfilate di Milano: sono tornati in campo i cappotti di loden (in questo senso Mario Monti, con il suo abbigliamento, sembra quasi un premier di tendenza), a conferma di un riutilizzo perfino dei vecchi guardaroba familiari.

Quanto alla Hamnett, lei ha disegnato per Coop Italia una collezione primavera-estate in cotone bio e certificato Fairtrade, in arrivo dall’India direttamente dai coltivatori locali, senza intermediazioni. Anche la Hammet, come Armani, è abilissima nel marketing e le sue magliette con frasi a effetto come “Salva il futuro” “Vesti come pensi” , “Fermati e rifletti” fanno parte integrante della sua collezione.  La moda  è un’industria a ciclo completo, dalla produzione alla distribuzione, dove il marketing, anche con i suoi trucchi, è una leva essenziale per alimentare i fatturati: spetterà dunque ai consumatori capire e scegliere i prodotti che fanno della lotta allo spreco non solo una bandiera promozionale, ma innanzitutto una solida, e utile, scelta di autentica sostenibilità.

 

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