Pubblicità per il gioco d’azzardo, Amendola sbaglia a dare il suo volto a un’industria che ammala gli italiani

Mentre l'attore recita il suo spot, 800mila cittadini sono vittime della ludopatia. In maggioranza sono indigenti e giovani sotto i 19 anni. Giochiamo più che a Las Vegas: 1 miliardo di euro al mese. Questi spot andrebbero vietati, come il fumo.

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Claudio Amendola è un bravo attore, che ha avuto un discreto e meritato successo al cinema ed è diventato molto popolare grazie alla fiction televisiva I Cesaroni. E in virtù di questa popolarità, di questo rapporto empatico specie con i giovani, Amendola è stato scelto da un’importante azienda del gioco d’azzardo come suo testimonial. Chiariamo: non c’è un reato o una colpa, e della propria popolarità ognuno è libero di fare ciò che vuole. Come un attore, e in generale una star dell’universo dello spettacolo, è libero di accettare la committenza degli spot che preferisce. Fin dove la legge lo consente, ovviamente.

Detto questo, Amendola sbaglia, e non poco, ad accettare una proposta così scivolosa. Un attore noto come lui, tra l’altro in passato impegnato nella vita pubblica, non può ignorare i dati drammatici sulla ludopatia in Italia, numeri che rappresentano la base del fatturato realizzato da società come quella per la quale Amendola ha girato il suo spot.

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DATI SULLA LUDOPATIA IN ITALIA

Gli italiani sono arrivati ormai a giocare 1 miliardo di euro al mese, 420 euro pro-capite al giorno tra la popolazione attiva, ed a queste cifre bisogna poi aggiungere i ricavi del gioco illegale e clandestino. Abbiamo più slot machine al mondo, battiamo anche Las Vegas. Siamo un paese di biscazzieri, dove in questo ruolo ci sono, con due piedi in due staffe, i potenti soggetti privati, le società che alimentano le scommesse e lucrano su questo vizio di massa, e lo Stato che incassa le tasse sui danni causati ai suoi cittadini. Un pessimo affare. 

Sono colpiti dalla ludopatia cronica 800mila italiani, e badate bene che tra il popolo dei giocatori, quelli che vengono attizzati dallo spot televisivo di Amendola, il 47 per cento sono indigenti. Miseria, povertà, depressione e azzardo vanno di pari passo. E sono sopra al 40 per cento giocatori in età compresa tra i 15 e i 19 anni: Amendola ha un figlio non ancora ventenne, si rende conto dei rischi che corrono per colpa delle slot machine i coetanei del suo ragazzo? Ha consapevolezza della profondità del problema?

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SPOT GIOCO D’AZZARDO

Amendola dovrebbe mettere il suo volto e la sua popolarità esattamente dalla parte opposta rispetto a quella che ha scelto. Dovrebbe stare con il popolo no slot, che mette insieme in Italia tanti amministratori locali, anche sindaci, coraggiosi titolari di bar e locali pubblici, che rifiutano le macchinette per il gioco d’azzardo, e innanzitutto il pulpito attivissimo contro questa piaga, della Chiesa cattolica. A Roma, la città dove Amendola è nato e vive, la sindaca Virginia Raggi ha dato una stretta fortissima al gioco d’azzardo, consentendolo soltanto in due fasce orarie, dalle 9 alle 12, e dalle 18 alle 23. Si tratta di decidere con chi stare: con chi fa affari, leciti per carità, con il gioco d’azzardo, oppure con chi si impegna per contenerlo. 

Con la sua voce, il suo volto, la sua notorietà, Amendola purtroppo, in modo non volontario, sta facendo un regalo a chiunque manovra il gioco d’azzardo. E visto che la pubblicità per favorire questa industria, che noi di Non sprecare consideriamo piuttosto torbida, è ancora legale, bisognerebbe battersi per proibirla. Esattamente come il fumo. Per i danni che fa alla salute, specie dei giovani. Poi ognuno sia libero di fare ciò che vuole, anche di rovinarsi scommettendo alle slot machine quello che non possiede.  

(Credit: GIO_LE / Shutterstock.com)

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