Piemonte: no ai centri commerciali sui suoli agricoli

Ho letto una legge regionale appena approvata in Piemonte che potrebbe rappresentare un punto di riferimento per tutte le amministrazioni regionali a proposito del rapporto tra terreni agricoli, zone industriali e insediamenti commerciali. Il primo punto del provvedimento riguarda il divieto assoluto di costruire nuovi centri commerciali sui suoli agricoli che restano tali e vengono così protetti da questa ricorrente […]

Ho letto una legge regionale appena approvata in Piemonte che potrebbe rappresentare un punto di riferimento per tutte le amministrazioni regionali a proposito del rapporto tra terreni agricoli, zone industriali e insediamenti commerciali.

Il primo punto del provvedimento riguarda il divieto assoluto di costruire nuovi centri commerciali sui suoli agricoli che restano tali e vengono così protetti da questa ricorrente forma di cambio di destinazione d’uso. La grande distribuzione potrà invece, ed è la seconda novità, insediarsi nelle ex aree industriali, laddove ci sono fabbriche e stabilimenti che sono stati definitivamente chiusi. Il modello è quanto è avvenuto nella grandi città come nel caso dell‘area ex Pirelli-Bicocca a Milano, oppure il Lingotto della Fiat a Torino. Terza novità: l’iter autorizzativo si restringe e i sì necessari sono soltanto tre: comune, provincia e regione. Con questa decisione dovrebbero aumentare le certezze per gli investitori e diminuire i calvari degli iter autorizzativi.

Infine, nei centri commerciali soltanto il 15 per cento dello spazio (prima era il 25 per cento) può essere riservato ai piccoli negozi di quartiere. E ciò per proteggerli dal rischio chiusura che spesso contribuisce a distruggere l’identità di una zona urbana. Complessivamente la legge del Piemonte mi sembra un buon compromesso tra le ragioni degli imprenditori che vogliono investire in attività commerciali e il bene comune di un territorio che non può essere devastato eliminando qualsiasi traccia delle vecchie attività agricole. Una legge che tutti gli assessori all’Industria e al Commercio delle regioni italiane dovrebbero leggere e, magari, copiare.

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