Permessi sindacali anche il primo dell’anno: scandalo e spreco a Napoli

Quando un sindacato utilizza il suo potere per garantire privilegi fino a sconfinare nel campo di possibili reati penali, semplicemente perde qualsiasi credibilità

A Napoli si consuma uno scandalo e un enorme spreco: quello della richiesta, a valanga, di permessi sindacali. In qualsiasi giorno dell’anno, compresi Capodanno e Ferragosto, in cui proverbialmente non si lavora. E ovviamente sono tutti permessi retribuiti. Quando un sindacato utilizza il suo potere per garantire privilegi fino a sconfinare nel campo di possibili reati penali, semplicemente perde qualsiasi credibilità.

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Le richieste di permessi sindacali al Comune di Napoli sono irricevibili nella forma e nella sostanza. Nella forma perché, e qui non siamo nel campo delle coincidenze, non si può neanche immaginare che gli iscritti ai sindacati di Palazzo San Giacomo siano così impegnati in assemblee e riunioni durante i giorni canonici delle vacanze consacrate, dal Primo dell’anno all’Epifania, passando per Ferragosto e per le date del calendario nelle quali non si lavora.

Nella sostanza perché dimostrano, qualora ce ne fosse ancora bisogno, a quale livello abnorme è ormai arrivata la sovranità dei sindacati all’interno di una macchina comunale così complessa e fondamentale per i servizi forniti ai cittadini. Tutto quadra, purtroppo. A partire dai numeri, con 4.500 dipendenti comunali iscritti al sindacato, dei quali il 30 per cento risultano coperti dallo status di delegati. E a partire dai fatti: è da irresponsabili lasciare la città di Napoli con pochi vigili urbani nelle strade durante giorni come il Primo dell’anno e l’Epifania.

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Così come è difficile immaginare un buon funzionamento dei servizi comunali, un efficace controllo del traffico e della viabilità con tanti, troppi dipendenti che utilizzano lo scudo sindacale per non lavorare, danneggiando innanzitutto quelli che invece nel Comune di Napoli fanno il loro dovere con professionalità e rigore. E magari con un pizzico di orgoglio per la propria città.

Quello che invece ancora non quadra è la resa, a mani alzate, da parte degli amministratori comunali di fronte a questi veri e propri soprusi. Se un sindaco, un assessore, una giunta, diventano prigionieri di un potere surrettizio del sindacato, allora le ipotesi diventano due. O sono complici dell’assurdo, oppure sono vittime, però incapaci di reagire con la necessaria autorevolezza. In entrambe le ipotesi la città viene governata poco e male.

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