Perche’ l’Italia e’ impreparata alle emergenze

Agostino Miozzo è il direttore del servizio che a livello europeo si occupa di dare una risposta alle grandi crisi. Il maltempo ha colpito tutto il Vecchio continente ma i danni che ha causato non sono direttamente proporzionali ai centimetri di neve caduta. «Perché la neve — dice – crea problemi solo quando va a […]

Agostino Miozzo è il direttore del servizio che a livello europeo si occupa di dare una risposta alle grandi crisi. Il maltempo ha colpito tutto il Vecchio continente ma i danni che ha causato non sono direttamente proporzionali ai centimetri di neve caduta.

«Perché la neve — dice – crea problemi solo quando va a posarsi sul vuoto lasciato dalla mancanza di prevenzione e manutenzione». Nei mille e 500 chilometri che separano il suo ufficio di Bruxelles dalla sua casa di Castelnuovo di Porto, alle porte di Roma, ha sperimentato in prima persona le conseguenza di mancanze pubbliche e private: «Su otto ore e più di viaggio, ne ho trascorse una e 40 in aereo e sette in macchina a fare la gimcana, su strade mal tenute, tra auto e tir rimasti bloccati perché senza catene». Mix di responsabilità pubbliche e private. «Arrivato a casa ho trovato il mio paese completamente senza acqua». Responsabilità solo pubblica che precede l`emergenza e poi la raddoppia: «Perché la cattiva gestione della manutenzione ordinaria trasforma una normale emergenza in una straordinaria».

Prevenzione sotto accusa. Sono tanti i casi di cattiva manutenzione e prevenzione che hanno trasformato la neve di questi giorni in qualcosa di straordinario: la sottodimensionata centrale termica delle Molinette che ha portato alla chiusura di sette blocchi operatori nell`ospedale torinese; il cattivo funzionamento delle cabine dell`elettricità che ha lasciato oltre 120 mila famiglie del Centro e Sud senza luce (160 mila in mattinata); i guasti di treni e linee elettriche che secondo addetti ai lavori e sindacati non sono solo imputabili al ghiaccio; i sacchi di sale arrivati nella Capitale insieme a duemila pale solo in piena emergenza. Ma anche: i marciapiedi trasformati in piste di pattinaggio per colpa del privato cittadino cui spetta lo sgombero dei pochi metri a recinto della propria abitazione. Lo stesso cittadino che in molti casi è stato causa di blocchi e incidenti stradali: non solo non ha ascoltato l`invito a non mettersi in viaggio ma lo ha fatto spesso senza catene.

Tira le somme Miozzo: «Quello che manca all`Italia rispetto agli altri Paesi – al di là della neve che altrove è più frequente ma ormai è annunciata con molte ore di anticipo, se non giorni -, è la cultura della prevenzione che passa dalla manutenzione (troppo spesso scarsa) e dal coordinamento (che troppo spesso, causa eccessiva frammentazione di competenze, non c`è)». Una cultura che manca non solo nel caso dell`emergenza maltempo: «Quando il 30 settembre 2003 l`Italia rimase al buio per il grande blackout ricorda il direttore – tantissimi generatori di emergenza degli ospedali non entrarono in funzione perché le batterie erano scariche, la benzina non c`era: il peggio fu scongiurato dai vigili del fuoco».

Il coordinamento zoppo. Le parole d`ordine sono dunque manutenzione, prevenzione ma anche coordinamento. Perché mentre nella maggioranza dei Paesi Ue la protezione civile è un compito assegnato a una sola istituzione o a poche strutture pubbliche, in Italia coinvolge tutta l`organizzazione dello Stato, dai ministeri al più piccolo comune. Fino alla società civile. Quanto all`emergenza neve ci sono due tipologie di pianificazione. C`è un piano neve: «A carico del sindaco che lo predispone, lo fa approvare e conoscere alla popolazione», spiega Fabrizio Curcio, direttore della Gestione emergenze della Protezione civile. Si parte da uno scenario calcolato sugli eventi passati, si prevede un`attività di prevenzione, di emergenza e assistenza operativa. «Non ci sono però requisiti standard o controllori, il piano viene trasmesso a noi ma senza obblighi». E poi c`è un piano di viabilità integrato coordinato dalla prefettura.

«Sulla viabilità nazionale – afferma Roberto Maja, docente di Tecnica ed economia dei trasporti al Politecnico di Milano – ci sono le linee guida dell`Aiscat (l`associazione delle società concessionarie autostrade e trafori) che prevedono cinque codici. Sono usati anche da Anas e comuni che lo vogliono». Le linee guida prevedono che ad esempio il sale debba essere sparso prima della nevicata e che in caso di temperature rigide sia sostituito da sale emulsionato.

«La svolta c`è stata nel 2005, con il debutto del centro coordinamento viabilità Italia, ma nei comuni è il sindaco il responsabile della Protezione civile». I suol piani devono tenere conto del rischio neve nel tempo ma garantire una prevenzione flessibile: «Ai cittadini di Roma sarebbe stato più serio dire "qui nevica così ogni 20 anni, abbiamo preferito destinare í soldi necessari per l`acquisto di ioo spazzaneve a Ire asili nidi.

Ma non ci sono scusanti per la manutenzione e prevenzione che non c`è stata: dal sale che è rimasto fuori città alle pale. Lo stesso discorso vale a livello nazionale per le conseguenze della ridotta manutenzione su treni e linee ferroviarie».

I piani delle città. A Milano sono caduti 15 centimetri di neve e a Bologna 100, a Torino da 35 a 45 e a Roma da 20 a 50. Ma mentre a Torino il Comune ha fatto scattare un piano con la messa in campo di 400 spazzaneve, 40 spargisale (giudicati un po` sottodimensionati per la nevicata siberiana di mercoledì) e Lino spalatori («200 in più rispetto al contratto base», sottolinea l`assessore alla Viabilità Claudio Lubatti), a Roma le misure sono state attuate in modo assolutamente non coordinato. «Roma non è Torino o Milano», si giustificano dalla Protezione civile del Campidoglio che nemmeno nel comunicato ufficiale ha saputo rendere conto del totale degli uomini e mezzi (veri e non improvvisati) entrati inazione: «Otto mezzi spalaneve del servizio giardini, 12 dell`Ama, 12 dei municipi, 4 spargisale Ama e 2 dei municipi. Più 120 mezzi del dipartimento lavori pubblici…». Ma il Codacons ha annunciato un esposto per verificare il loro effettivo utilizzo: «La Procura dovrà accertare se, quanti e dove sono stati mandati questi mezzi». Il piano affidato invece dal Comune dì Bologna alle coop (una decisione criticata) ha messo in campo 186 spalaneve, 40 spargisale e 600 spalatori (500 i volontari). Anche qui come a Torino, Milano e da ieri sera a Roma, è stata emessa un`ordinanza secondo la quale i cittadini hanno l`obbligo di spalare via la neve dai marciapiedi davanti alla propria casa o al proprio negozio: chi non lo fa, almeno a Bologna, rischia fino a 50o euro di multa. Perché ci sono obblighi pubblici ma anche privati.

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