Padoa Schioppa: “L’austerità é necessaria”

L’Europa se l’e’ vista brutta. I mercati scommettevano sulla rottura dell’euro; ora si comincia a parlare di “punto di svolta”. Si prevede che tireremo avanti, con fatica. I mercati si sono sbagliati. Hanno creduto che le passioni avrebbero prevalso sugli interessi. Invece i governi, piu’ saggi, hanno infine capito quanto andremmo indietro se quello che […]

L’Europa se l’e’ vista brutta. I mercati scommettevano sulla rottura dell’euro; ora si comincia a parlare di “punto di svolta”. Si prevede che tireremo avanti, con fatica.
I mercati si sono sbagliati. Hanno creduto che le passioni avrebbero prevalso sugli interessi. Invece i governi, piu’ saggi, hanno infine capito quanto andremmo indietro se quello che abbiamo costruito in Europa crollasse: forse a prima del 1914, come mi pare abbia detto il presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet. L’aiuto reciproco c’e’ stato non per generosita’, ma nell’interesse di ciascuno.

Sempre piu’ spesso in Europa i politici cercano di fare leva su passioni rozze o su egoismi.
L’Europa e’ stata usata come il luogo delle decisioni necessarie ma impopolari; i governi nazionali si prendevano il merito delle decisioni popolari e incolpavano l’Europa delle altre. A Bruxelles concordavano il rigore, e a casa dicevano che glielo imponeva Bruxelles. Credo possibile rovesciare questo andazzo. ora il mercato che costringe ogni Stato a risanare i propri bilanci; invece all’Europa va dato il compito di sostenere la crescita.

Quali nuovi poteri occorre dare all’Europa?
Gli strumenti in gran parte ci sono. Occorre pero’ inquadrarli in un’unica strategia: completamento del mercato unico (che nella crisi invece e’ andato indietro), Fondo di stabilita’ finanziaria appena creato, trasformazione del bilancio dell’Unione, il cosiddetto governo economico dell’Unione, gli obiettivi per il 2020.

I tedeschi ripeteranno che non vogliono pagare il conto per gli altri.
Nei primi decenni del processo europeo spesso questo era avvenuto, soprattutto per responsabilita’ francese. Ora non piu’. Nella crisi di primavera la Germania non ha effettuato alcun trasferimento a favore dei greci.

Sui mercati molti restano convinti che l’euro non reggera’ a lungo.
Perderanno la scommessa. Non riescono a credere che la costruzione europea sia vitale perche’ difettano di visione generale. Non capiscono che il mondo non e’ piu’ fatto soltanto di mercati e di Stati nazionali. Sottovalutano le forze che spingono a stare insieme.

Soprattutto in America si e’ seminata sfiducia nell’Europa.
In Francia molti vedono un “complotto anglosassone”; lo sento dire anche da personaggi autorevoli. Ma non credo che un complotto ci sia; ci sono modi di pensare diffusi, che coinvolgono molte persone, e le spingono ad agire nello stesso modo.

I mercati attaccano le periferie dell’euro, ma la sua fragilita’ e’ nascosta al centro, in Germania.
Angela Merkel ha esitato, ma poi ha deciso di intervenire, anche a dispetto di suoi illustri consiglieri. In prospettiva, l’ostacolo serio e’ la Corte Costituzionale tedesca, che obietta a ulteriori cessioni di sovranita’ a favore delle istituzioni europee; una sentenza concettualmente debole e criticata anche da molti giuristi tedeschi.

Un tedesco alla guida di una organizzazione internazionale, Thomas Mirow della Bers, pensa sia meglio fermare le adesioni all’euro dopo l’Estonia, e spiegare con pazienza ai tedeschi che l’unione monetaria comporta anche l’aiuto ad altri paesi, ma da’ loro grandi benefici.
Mirow e’ un amburghese colto, cosmopolita. Si’, occorre capire che in Europa, come in tutti i sistemi federali, una certa redistribuzione ci deve essere; e che e’ inevitabile una distribuzione dei poteri non del tutto proporzionale fra i paesi grandi, come la Germania, e gli altri.

L’Italia e’ assente dal dibattito sul futuro dell’Europa; ma, perlomeno, non crea difficolta’ agli altri.
Fino alla vigilia del caso greco, la virtu’ italiana e’ stata quella di limitare il peggioramento dei conti.

Cioe’ Tremonti ha fatto bene a evitare ampie misure anticrisi.
Ha lasciato agire quelli che tecnicamente si chiamano gli stabilizzatori automatici. Adesso si sta tentando di riprendere l’aggiustamento dei conti pubblici intrapreso nel 2006-2008 dal governo di cui facevo parte, e poi fermatosi. Cio’ impone di affrontare le due sfide che ho conosciuto anch’io: ridurre l’evasione fiscale e recuperare efficienza alla spesa.

Come giudica la manovra all’esame delle Camere?
Ho qualche opinione, ma non abbastanza elementi per pronunciarmi in modo compiuto. Quanto all’evasione, alcuni dei provvedimenti di Enzo Visco sono stati giustamente reintrodotti dopo che erano stati cancellati. Quanto alla spesa, il punto centrale e’ che per ridurla non si puo’ tagliare in modo uguale a chi spreca e a chi non spreca; altrimenti, come si vede, si suscita una reazione corporativa che unisce tutti o quasi tutti nel no. Risanare la spesa non e’ un fatto contabile, significa amministrare, intervenire nella profondita’ dei meccanismi, separare chi spende bene da chi spende male. E’ un lavoro lungo. Lo aveva impostato la commissione Muraro da noi istituita e poi troppo presto sciolta, forse seguendo il parere della Ragioneria generale piu’ che una scelta del ministro Tremonti.

Alcuni sostengono che l’Europa ora esagera con l’austerita’.
Dall’inizio della crisi ad oggi i mercati sono guidati non dall’avidita’ ma dalla paura. E’ stata la paura a farli speculare: prima sull’insostenibilita’ del debito, e ora sull’insostenibilita’ della cura al debito. La loro pressione ha supplito all’assenza di un governo europeo.

Dunque non conduce in una direzione sbagliata.
una situazione anormale, pur se in questo caso mi pare che il mercato non sbagli ad avvertire sia il pericolo del debito sia quello della depressione economica.

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