Uccidersi per il peso. Beatrice, 15 anni, si sentiva cicciona, ma era solo vittima innocente del culto del corpo

Un suicidio frutto avvelenato della civiltà dell’apparire. Quella che porta all’anoressia e alla bulimia. E colpisce ormai una ragazzina su dieci. Siamo grassi? Ma possiamo essere affascinanti…

OSSESSIONE CORPO PERFETTO

Una vita può sprecarsi anche per colpa della propria immagine. Di quello specchio maledetto che abbiamo sempre di fronte a noi, come se ogni giorno dovessimo superare la prova di una casting cinematografico. Beatrice Inguì era una ragazzina di 15 anni, studiava al liceo musicale Lagrangia di Vercelli, e sognava di diventare una cantante lirica, un soprano. Tutto normale per la sua età. Tranne un particolare: Beatrice non accettava la sua immagine, il suo peso, e si considerava troppo cicciona. Magari qualcuno l’avrà presa in giro, via web  con la solita viralità di questi odiosi insulti, magari nessuno era riuscito a contenere la sua fragilità, fatto sta che Beatrice ha deciso di togliersi la vita. E si è lasciata travolgere sui binari ferroviari dal treno Torino- Milano.

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OSSESSIONE PESO FORMA

La vita di Beatrice, quando doveva davvero iniziare, nella curva a gomito dell’adolescenza, è andata via, in pochi secondi, sull’altare di una nuova adulazione che abbiamo costruito nelle civiltà della sottocultura dell’apparire: il culto del corpo. Bisogna essere magri. Bisogna essere belli. Bisogna piacere. E chi non ci riesce si sente escluso da qualsiasi comunità, si considera un rifiuto, uno scarto umano.

La temperatura da febbre gialla del culto del corpo è testimoniata in termini di statistiche dai dati, in continua crescita, di giovanissimi che si sono infilati nel tunnel dei disturbi alimentari (anoressia e bulimia, due lati di una stessa medaglia). Siamo a una ragazzina su dieci, nella fascia di età compresa tra i 12 e i 25 anni. La fascia di età di Beatrice.

EFFETTI DEL CULTO DEL CORPO

Il culto del corpo è un derivato tossico della civiltà dell’apparire, che azzera l’essere e ci lascia soli, nel mito delle apparenze, di fronte al nostro specchio quotidiano. In una magra contabilità di consensi, di approvazioni, o di insulti e di ciniche battute, che si raccolgono nella palude del web. Beatrice è stata crocifissa su Facebook anche dopo la morte. Con un linguaggio orribile, alcuni sui social hanno bersagliato la sua tragica scelta. E uno di loro ha scritto così, forse pensando di fare una battuta, forse invasato dall’odio per la vita: «Non sapevo che farsi mettere sotto da un treno fosse un metodo veloce di dimagrimento».

Contro questa quotidiana tentazione di considerare il corpo, l’immagine, la rappresentazione estetica e virtuale di se stessi, come l’alfa e l’omega delle nostre esistenze, dovremmo tutti ribellarci. Riportando il valore della vita, da non sprecare mai, al centro dei nostri interessi, del nostro accudimento. E ricordandoci che una ragazza grassa può avere un fascino molto più intenso di una magrolina: dipende dalla sua testa e dal suo cuore.

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