Operazione rana: chi la salva, aiuta il pianeta

Il rospo della Mesopotamia, la rana levantina in Israele, la rana Callixalus pictus, vista l’ultima volta nel 1950 in Congo e Ruanda, tutti sono nell’elenco dei ricercati speciali. La grande caccia, per la loro protezione e non per ucciderli, partira’ nei prossimi due mesi e vedra’ impegnato un esercito di ricercatori in 14 Paesi diversi. […]

Il rospo della Mesopotamia, la rana levantina in Israele, la rana Callixalus pictus, vista l’ultima volta nel 1950 in Congo e Ruanda, tutti sono nell’elenco dei ricercati speciali. La grande caccia, per la loro protezione e non per ucciderli, partira’ nei prossimi due mesi e vedra’ impegnato un esercito di ricercatori in 14 Paesi diversi. Il progetto e’ una novita’ assoluta ed e’ stato presentato ieri a Londra da Robin Moore, ricercatore che guidera’ il gruppo nella ricerca finanziata da Conservation International (CI), Amphibian Specialist Group (ASG) e International Union for the Conservation of Nature (IUCN).

Gli anfibi sono tra gli animali a maggiore rischio del pianeta, con un terzo delle specie vicine all’estinzione. Distruzione degli habitat, inquinamento, cambiamento climatico e una malattia fungina trasmessa dall’acqua stanno mettendo in serio pericolo la sopravvivenza di rane e rospi in tutto il mondo ma mentre l’opinione pubblica si mobilita per tigri, panda e cetacei, fino a oggi gli allarmi dei ricercatori per gli anfibi sono rimasti inascoltati.

“Un paio di anni fa ero in Ecuador con un gruppo di scienziati del posto – ha dichiarato Robin Moore alla Bbc- alla ricerca di una specie che sembrava scomparsa da dodici anni. Non nutrivamo molte speranze di successo, ma quando tutto sembrava perduto ne abbiamo trovato un esemplare e ci siamo attivati per proteggere il suo ambiente. Dalla nostra missione ci aspettiamo molte storie di questo tipo”.

Quando si pensa alle rane in pericolo vengono in mente le coloratissime specie tropicali delle foreste Centro e Sudamericane, o quelle velenose delle isole asiatiche. Purtroppo pero’ le minacce all’ambiente sono globali e anche in Italia la popolazione di anfibi e’ in costante diminuzione. Secondo il Wwf, nel nostro Paese 28 specie di anfibi su 37 sono a rischio di estinzione – ad essere in maggiore pericolo sono geotritoni, protei e salamandre – e visto che si tratta di animali importantissimi per valutare lo stato di salute dell’ecosistema, questo dato e’ indicativo del degrado dell’ambiente in Italia.

Mentre in Gran Bretagna si investe per cercare gli ultimi esemplari di specie in pericolo e, soprattutto, per trovare un argine alla diffusione della chytridiomycosi, il fungo killer delle rane, in Italia a oggi non esistono leggi per la protezione degli anfibi e la salvaguardia di queste specie e’ limitata alle aree protette e alle poche regioni che hanno legiferato in materia. Gli ultimi tagli al bilancio, inoltre, stanno mettendo a rischio parchi naturali e zone protette, con conseguenze che saranno disastrose anche per i nostri anfibi.

Quanto la conservazione degli anfibi sia una priorita’ per la salvaguardia della natura lo rivela un dato pubblicizzato dal gruppo inglese, che ha scelto il rospo dorato del Costarica come icona della colossale caccia agli anfibi perduti. L’Incilius periglenes, sul ritrovamento del quale i ricercatori non sono ottimisti, e’ stato spazzato via dalla malattia fungina in un anno, passando da una popolazione definita “abbondante” a nessun avvistamento. Il rospo dorato del Costarica in 12 mesi e’ stato dunque dichiarato estinto.

“Nella nostra lotta contro la scomparsa di molti anfibi – ha sottolineato Moore – siamo ostacolati dalla scarsa conoscenza su alcune specie e sulla loro reale presenza in alcune zone. Dobbiamo andare sul campo, vedere cos’e’ rimasto, quali specie sono piu’ attaccate dal fungo e, speriamo, trovare un rimedio contro la malattia”. Se la caccia sara’ fruttuosa si sapra’ entro ottobre alla Conferenza mondiale dell’Onu sulla biodiversita’ in Giappone, un appuntamento nel quale i governi saranno chiamati a riflettere sulle ragioni per cui gli impegni presi nel 2002, di fermare l’estinzione delle specie animali entro il 2010, sono falliti.

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