Milano, lo spreco delle aree dismesse e degli ecomostri

La deindustrializzazione della città ha lasciato una pesante eredità di aree dismesse, che ora si cerca con fatica di riqualificare

C’era una volta la Milano da bere, simbolo dell’opulenza e del rampantismo anni ‘80. Tempi lontani, che in città hanno lasciato molti segni tangibili, non tutti esattamente indimenticabili. È la Milano delle aree dismesse, delle grandi incompiute, degli ecomostri.

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Scalo Farini, il vecchio centro di smistamento poste di piazzale Lugano, ma anche la più celebre torre Galfa – occupata per breve periodo dal collettivo Macao – oppure lo scheletro dell’ampliamento ferroviario di San Cristoforo, in zona Lorenteggio. A un anno dall’abbattimento dell’ecomostro più celebre di Milano, l’albergo mai terminato dei mondiali di Italia ‘90, il capoluogo è ancora chiamato a fare i conti con queste realtà: «Le nostre città sono sempre più ricche – spiega Antonio Longo del Politecnico di Milano – di aree abbandonate e senza cura, di edifici abbandonati e senza cura. Alcuni sono evidenti e conosciuti, alcuni come tutti i mostri stanno ben nascosti. Si tratta con tutta evidenza di un problema, ma anche naturalmente di una opportunità».

A rincarare la dose, dando confini più precisi al fenomeno, è il presidente di Legambiente Lombardia, Damiano Di Simine: «Milano, la grande capitale industriale del Nord, in realtà ha espulso le funzioni industriali dal suo tessuto urbano, ma le ha estromesse senza sostituirle con altre». Il risultato? La città è colma di aree dismesse, che richiederebbero una riqualificazione, ma non lo fa. E Milano continua ad espandersi verso l’esterno.

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Per arginare le conseguenze presenti ed evitare il ripetersi del fenomeno nel futuro, servirebbero leggi ad hoc: «Non è un obbiettivo semplice – spiega ancora Longo – che può essere raggiunto rapidamente. Più probabilmente si tratta della somma di diverse misure: incentivi sulle destinazioni d’uso, compensazioni oppure disincentivi, che è un’ipotesi interessante e realistica rispetto ai casi di abbandono».

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