Manhattan, inedito modello di sostenibilità

In termini di sostenibilita’ ambientale, l’isola di Manhattan, il caotico cuore della citta’ di New York, e’ molto meglio di tante altre citta’. Perlomeno secondo David Owen, giornalista di The New Yorker, che in Green Metropolis (Universita’ Bocconi Editore, 2010) propone Manhattan, una delle aree urbane piu’ densamente popolate del mondo con i suoi 26 […]

In termini di sostenibilita’ ambientale, l’isola di Manhattan, il caotico cuore della citta’ di New York, e’ molto meglio di tante altre citta’. Perlomeno secondo David Owen, giornalista di The New Yorker, che in Green Metropolis (Universita’ Bocconi Editore, 2010) propone Manhattan, una delle aree urbane piu’ densamente popolate del mondo con i suoi 26 mila abitanti per chilometro quadrato, come modello di citta’ sostenibile, tesi sostenuta da molti studiosi delle scienze sociali ma avversata dagli ambientalisti. “L’82 per cento degli abitanti di Manhattan – scrive Owen – che hanno un lavoro dipendente va in ufficio con i mezzi pubblici, in bicicletta o a piedi”, una percentuale che corrisponde a dieci volte la percentuale media degli americani in generale. Manhattan, nonostante il traffico intenso, ha il rapporto auto/residenti piu’ basso degli Stati Uniti. Ma non solo. New York e’ infatti accusata di generare quasi l’1 per cento dei gas serra prodotti negli Stati Uniti, ma chi fornisce questo dato si dimentica di aggiungere che “la citta’ ospita il 2,7 per cento della popolazione del paese, e quindi le emissioni risultano straordinariamente basse. Se poi si prendono altri parametri, si puo’ vedere come nel ‘bucolico Vermont’ gli abitanti consumano piu’ acqua dei newyorkesi, piu’ del triplo della benzina, piu’ del quadruplo dell’elettricita’”. Il segreto del risparmio dei newyorchesi sta nella densita’ abitativa e nella prossimita’ delle abitazioni tra loro e con i luoghi di lavoro e di svago, perche’ “lo spazio ristretto e congestionato in cui vivono crea efficienze e riduce le possibilita’ di consumi insensati”, come l’utilizzo indiscriminato dell’auto. E la famosa villetta con giardino lontana dal caos cittadino? Sara’ piu’ grande e quindi necessitera’ di maggiori consumi di energia elettrica e di riscaldamento, il giardino dovra’ essere bagnato con grande dispendio d’acqua, le distanze, in campagna, sono dilatate e gli abitanti per qualunque necessita’, o anche solo per recarsi al lavoro, fanno largo uso dell’automobile, molto piu’ che in citta’. E poi le enormi strade, centri commerciali e parcheggi che nascono per supportare e collegare questi distretti periferici tra loro e con le citta’: “Sono le strade e i parcheggi – scrive Owen – ad alimentare lo sviluppo urbano incontrollato”. L’autore “smonta”, o almeno minimizza, anche altri miti dell’ecologismo contemporaneo, per esempio l’uso dell’auto elettrica: “Un automobilista che carica le batterie della macchina quando torna a casa dal lavoro non e’ un problema; un milione di automobilisti che caricano le batterie della macchina… proprio nel momento di massima domanda energetica della giornata metterebbero a dura prova la rete elettrica; un’intera nazione di utilizzatori di automobili elettriche richiederebbe una totale trasformazione del sistema elettrico americano”, ha scritto Owen, e la soluzione e’ ancora “Manhattan”, cioe’ la necessita’ di vivere in citta’ strutturate in modo tale che usare l’auto non serva. Ma anche quello che mangiamo e in genere consumiamo compie lunghi viaggi con enorme dispiego di carburante. Come ovviare? Il locavorismo, cioe’ la moda sempre piu’ diffusa di consumare prodotti locali, e’ una delle risposte degli ecologisti, ma al di la’ di un maggiore apprezzamento per i prodotti acquistati nei mercati agricoli rispetto a quelli del supermercato, la sostenibilita’ ambientale di tale scelta e’ piuttosto dubbia: “I lamponi californiani che acquisto al supermercato producono meno emissioni di carbonio dei lamponi locali che ho acquistato recentemente in una fattoria poco lontana da qui – ha detto Owen – perche’ hanno attraversato il paese insieme a un carico di altre merci, e quindi rappresentano un consumo unitario minimo di carburante, mentre quelli locali sono stati acquistati con un viaggio automobilistico di trenta miglia a bordo di un’automobile i cui unici occupanti eravamo io e mia moglie”. Il vero problema, come scrive Guido Martinotti, professore di sociologia urbana all’Universita’ Milano-Bicocca, nel suo intervento introduttivo, e’ che “oggi chi non abita in citta’ ha esattamente gli stessi consumi di chi ci abita, ma se deve compare le uova… prende l’auto e fa magari 10 chilometri… invece di scendere al negozio dietro l’angolo. E’ questa la differenza che fa si’ che la citta’ sia molto meno dissipativa delle regioni periurbane e rurali”.
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