Mangiato troppo? Ora vi dico perchè.

Lui mi stuzzica, mi sollecita, mi dice prendimi, possiedimi, sono tuo. Io resisto: lasciami stare, non ti voglio? ma poi cedo, lo afferro. Il desiderio e’ smania, irresistibile malia: lui e’ un biscotto al cioccolato, io sono io e sono pure la sua vittima. Segue il pentimento, la rabbia, l’orgoglio umiliato dal peccato (di gola) […]

Lui mi stuzzica, mi sollecita, mi dice prendimi, possiedimi, sono tuo. Io resisto: lasciami stare, non ti voglio? ma poi cedo, lo afferro. Il desiderio e’ smania, irresistibile malia: lui e’ un biscotto al cioccolato, io sono io e sono pure la sua vittima. Segue il pentimento, la rabbia, l’orgoglio umiliato dal peccato (di gola) consumato. Un meccanismo senza fine.

Ma ora e’ arrivato il momento della riscossa. Possiamo cancellare come debolezze e carenze personali e addebitare invece alla rilevanza incentivante la volutta’ del buttarci sui piatti anche se non abbiamo vera fame (overeating), l’iperfagia che induce, anche chi e’ magro e non solo chi e’ oversize, ad appetire compulsivamente pasticcini, torte e salatini.

Ovvero? Di che si tratta? Responsabile delle nostre ossessioni alimentari e’ oggi un desiderio di gratificazione sollecitato, in un circolo vizioso, da quegli stessi cibi che dovrebbero saziarci. Con effetti dopanti, stimolanti e incentivanti che ci rendono assuefatti e condizionati come da piu’ piste di cocaina. Gia’, proprio cosi’. A offrirci questa singolare spiegazione del Perche’ mangiamo troppo (e come fare per smetterla) (uscira’ a fine mese da Garzanti) e’ lo studioso David A. Kessler, gia’ ai vertici della Food and Drug Administration, in un libro ora diventato il vessillo di rivolta contro l’industria alimentare e che, appena pubblicato negli Usa, e’ arrivato in vetta alle classifiche.

Se attualmente ben 71 milioni di persone in America sono colpite dalla sindrome della dipendenza da cibo (su 305 milioni di abitanti il 66 per cento sono obesi o in sovrappeso), lo dobbiamo, spiega Kessler, alla composizione di cio’ di cui abitualmente ci nutriamo. Molti comuni alimenti ci inducono in uno stato di bliss point, in paradisi artificiali simili a quelli creati dalle droghe. Come lo sappiamo? Studiando il cervello di cavie a cui e’ stata offerta la possibilita’ di abbuffarsi senza limiti di croccantini e stuzzichini, i neuroscienziati, solo molto di recente, hanno scoperto che cibi arricchiti di grassi, zuccheri e sali in combinazioni particolari – dalle bevande gassate agli hot dog, dalle patatine agli hamburger – sono in grado di alterare i circuiti cerebrali.

Favoriscono la produzione di oppioidi, le endorfine (le sostanze chimiche prodotte dal cervello che generano sensazioni gratificanti), che portano i topi a ingozzarsi senza controllo. E anche ad assuefarsi rapidamente, esibendo una profonda riduzione della sensibilita’ dei centri cerebrali del piacere.
Cosicche’ le cavie, proprio come i tossicodipendenti, debbono incrementare le quantita’ per arrivare sempre al medesimo livello di gratificazione. La barretta al cioccolato ripiena di crema densa e di noccioline, un pacchetto di Fonzies, i deliziosi Smarties sono oggi il nostro stupefacente quotidiano.

E non basta. A questo si sommano gli appetibili e invoglianti grassi vegetali e non aggiunti in dosi massicce ovunque: burro di arachidi e affini, per esempio, vanno per la maggiore poiche’ aiutano a rendere morbido e meno faticoso qualsiasi alimento, persino il pane: e se un americano, in passato, masticava il cibo 25 volte prima di inghiottirlo, adesso l’attivita’ e’ scesa a 10 ripetizioni.

Non a caso oli e grassi sono in vertiginoso aumento: gli Stati Uniti in 33 anni ne hanno visto un incremento del 63 per cento – da 27 a 43 chili pro capite l’anno – e del 20 quello di zuccheri e dolcificanti.

Occhio dunque alle taglie. Nel 1960 le donne tra i 20 e i 29 anni pesavano in media 56,7 kg. Oggi signore e signorine della stessa eta’ portano sulla bilancia una media di 70 kg. Insomma non siamo stati creati per la Grande Bouffe, ma ce la siamo voluta. Il rimedio? L’autore suggerisce di scrivere sui menu dei ristoranti calorie e composizione dei cibi. Lo scopo? Demotivarci e farci resistere: l’oppio dei popoli, un tempo, era la religione; oggi lo sono Pringles, Pepsi e merendine varie.

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