Crescere bambini digitali: tra mondo virtuale e reale

I Nativi digitali utilizzano i dispositivi tecnologici meglio degli adulti ma non ne conoscono il funzionamento. Insegnare ai ragazzi cos'è una connessione e spiegargli come proteggere la propria privacy diventa indispensabile per proteggerli dai richi della rete.

CRESCERE BAMBINI DIGITALI – Vi abbiamo raccontato in questo articolo la definizione di nativi digitali, bambini che vengono a contatto con la tecnologia fin da piccolissimi e che sanno utilizzarla prima ancora di aver acquisito importanti abilità cognitive. Uno spreco di risorse legate all’infanzia: parliamo, infatti, di bambini che sanno andare a cercare il video del cartone animato preferito su you tube ma non sono capaci di allacciarsi le scarpe o andare in bicicletta.

NATIVI DIGITALI – Qui vogliamo continuare la riflessione prendendo spunto da una recente ricerca che vede coinvolti i preadolescenti, ragazzi di una età compresa tra i 10 e i 13 anni, che possiedono tutti smart phone e tablet ma, data la facilità di utilizzo, tramite icone, dei sistemi digitali, non conoscono rischi e pericoli di una iperconnessione.

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bambini digitali

INSEGNARE L’UTILIZZO DI INTERNET – Paolo Attivissimo, nelle pagine di Agenda Digitale, racconta: “Pochi giorni fa, durante una delle mie lezioni, ho chiesto agli studenti di quinta elementare (tutti già dotati di iPad o iPod touch) se c’era per caso qualcuno di loro che non usava Internet. Si è alzata una mano. Ho chiesto al ragazzo come mai non navigasse in Rete e mi ha risposto, perplesso per la mia domanda, che lui non va su Internet. Lui usa You tube. I suoi compagni non hanno fiatato per contraddirlo o correggerlo. Mi sono reso conto che dal suo punto di vista avevo fatto una domanda stupida.

INTERNET E I NATIVI DIGITALI – Ecco dunque come ragionano i “nativi digitali”: “poiché usano dispositivi che si connettono in modo trasparente, invisibile, – continua Attivissimo –  non percepiscono Internet come un’infrastruttura di base alla quale ci si deve prima collegare per poter fare qualcosa. Vedono soltanto i servizi commerciali che Internet veicola e interagiscono con quei servizi toccando un’icona separata per ciascuno di essi. E questa separazione grafica è diventata un ghetto mentale. Non mandano più mail, ma messaggi su Facebook o WhatsApp. Guardano e riguardano i video di Miley Cyrus in streaming, scaricandoli ogni singola volta invece di salvarli localmente: non hanno alcuna percezione del consumo di banda. Con pochissime eccezioni, non hanno la più pallida idea di come funzionino realmente i dispositivi che usano. Si scambiano foto intime tramite SnapChat, convinti che le immagini vengano davvero cancellate per sempre dall’app e non siano recuperabili; si fidano delle promesse di privacy di Facebook, senza rendersi conto che il social network vive raccogliendo e vendendo i loro dati personali.nativi digitali

FACEBOOK E I NATIVI DIGITALI – Confrontate questa situazione con quella di oggi: Facebook per molti utenti è l’unico sito visitato, tanto da essere per molti sinonimo e sostituto integrale di Internet. “Qui le regole d’uso vengono decise unilateralmente, senza dibattito, – continua Attivissimo –  col risultato che per esempio il video di una donna che viene decapitata va benissimo, ma un seno del quale si veda l’areola è tabù, e la mannaia della sua censura può colpire anche un museo che osa pubblicare una foto di nudo femminile parziale in bianco e nero (però Rate My Bikini o Boobs, Butts and Cleavage Collection non sono un problema). È un ambiente chiuso, controllato secondo criteri bizzarri e soprattutto insindacabili. Il parco pubblico è stato sostituito dal centro commerciale. E a un miliardo e cento milioni di utenti questo va benissimo.”

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