Leggere fa benissimo ai bimbi ( e ai genitori)

Luciano Benedetti MILANO – Leggere fiabe e filastrocche a un bambino, meglio se è ancora molto piccolo, fa bene a lui e ai genitori. Lo dimostrano studi scientifici e numerose esperienze in Italia e all’estero. Come «Nati per leggere», il progetto nazionale senza fini di lucro con il quale, da più di dodici anni, pediatri […]

Luciano Benedetti

MILANO – Leggere fiabe e filastrocche a un bambino, meglio se è ancora molto piccolo, fa bene a lui e ai genitori. Lo dimostrano studi scientifici e numerose esperienze in Italia e all’estero. Come «Nati per leggere», il progetto nazionale senza fini di lucro con il quale, da più di dodici anni, pediatri e bibliotecari lavorano insieme per promuovere nei genitori la buona abitudine di leggere ai propri figli di età compresa tra i 6 mesi e i 6 anni. Non per farli addormentare, ma per svegliarne la mente. «Una lettura ad alta voce, – afferma il dottor Michele Gangemi, past president dell’Associazione Culturale Pediatri e pediatra di libera scelta in Verona, – è in grado di “rapire” un bambino almeno quanto un videogame».

A VOCE ALTA Ma che cosa spinge i pediatri di libera scelta a mobilitarsi in forze, per un obiettivo che sembra più nelle corde di un educatore o di uno psicologo?«Perché leggere a un bambino ha effetti molto positivi sulla sua salute, sul suo sviluppo cognitivo ed emotivo. E quello di vegliare su tale sviluppo è precisamente uno dei compiti dei pediatri». In due parole, secondo studiosi di tutto il mondo, la lettura ad alta voce è una delle strategie di dimostrata efficacia per prevenire i problemi dello sviluppo e dell’apprendimento nel bambino. Non importa se il bambino abbia appena iniziato a stare seduto senza sostegno, se non abbia ancora detto “mamma”. Anzi, prima si comincia, meglio è. «L’efficacia della lettura ad alta voce in epoca neonatale, – spiega Michele Gangemi, – si fonda sulla teoria dello sviluppo precoce (Early Child Development). Nel bambino molto piccolo, lo stimolo a svolgere un nuovo compito (come quello di ascoltare, appunto) aumenta la sopravvivenza dei nuovi neuroni che si stanno formando: senza compiti, i nuovi neuroni svaniscono. E più il compito è difficile e ripetuto, più aumenta il numero dei neuroni "risparmiati". In pratica, sembra che esista una finestra temporale entro cui l’apprendimento di nuovi compiti può risparmiare i neuroni. È compresa fra prima e seconda settimana dalla nascita della cellula: più precisamente fra il 7° e il 14° giorno e corrisponde al periodo in cui la cellula neonata e non specializzata si differenzia in neurone, emette i filamenti (dendriti) che le permettono di "collegarsi". È così che il neonato diventa sensibile all’apprendimento». Una volta avvenuto il cablaggio, agire sulla plasticità dello sviluppo è ancora possibile, naturalmente, ma è molto più difficile. Ecco perché l’”evangelizzazione” delle mamme comincia dai reparti di maternità degli ospedali e viene proseguita dal pediatra di libera scelta.

IL RUOLO DELLE BIBLIOTECHE -Con la collaborazione delle biblioteche cittadine, che si attrezzano per rendere possibile l’accesso di mamme e bambini. «A Verona, per esempio, presso il mio studio, è attivo un vero e proprio punto prestito, con la restituzione dei libri presso uno dei 12 punti specializzati delle biblioteche cittadine». Una volta cominciato, è importante continuare, perché un intervento sul piacere della lettura può avere un effetto positivo anche più tardi, fino ai sei anni di età. «È proprio questo il periodo in cui si forma la capacità del bambino di "immaginare", di costruire le immagini sotto lo stimolo della lettura, – dice Gangemi. – E in cui si struttura e si conferma il piacere della lettura. Aumentare lo spazio di ascolto, la capacità di costruirsi delle immagini, lo sviluppo della creatività e dell’immaginazione, I bambini, esposti più che in passato a stimolazioni tele-visive, tendono a elaborare meno immagini». Inoltre, la voce della mamma o del papà, e il tempo passato con il bambino (invece di parcheggiarlo davanti alla TV) creano un momento privilegiato e non sostituibile di relazione che fa bene al piccolo, ma anche alla famiglia.

 

LITERACY Ma c’è di più. «La capacità di leggere, scrivere e comprendere un testo (la “literacy”) fa bene alla salute ed è un indicatore di benessere riconosciuto, – conclude Gangemi. – Buoni livelli di literacy sono legati a un migliore utilizzo dei servizi sanitari e quindi a migliori condizioni di salute. Adolescenti con bassi livelli di literacy sono a rischio almeno doppio di andare incontro a comportamenti aggressivi e antisociali. E il numero di adolescenti in queste condizioni è, purtroppo, in continuo aumento”» È il circolo vizioso, che parte dall’incapacità di leggere e capire e, passando attraverso disagio, frustrazione e riduzione dell’autostima, giunge infine all’aumento del tasso di abbandono scolastico e del rischio di disturbi del comportamento. Un circolo vizioso che colpisce soprattutto i figli di famiglie in condizioni socio-economiche svantaggiate alle quali, prima di tutto, si rivolge «Nati per leggere».

 

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