Le stalattiti dello spreco energetico

In questi giorni, dopo le grandi nevicate di inizio febbraio, si notano pendere da molte case  impressionanti (e talvolta pericolose) stalattiti di ghiaccio. Queste formazioni sono in particolare ben visibili sugli edifici costruiti negli anni Sessanta e Settanta, e costituiscono un importante segnale di sperpero energetico. La formazione di queste “candele” o “moccoli” di ghiaccio, […]

In questi giorni, dopo le grandi nevicate di inizio febbraio, si notano pendere da molte case  impressionanti (e talvolta pericolose) stalattiti di ghiaccio. Queste formazioni sono in particolare ben visibili sugli edifici costruiti negli anni Sessanta e Settanta, e costituiscono un importante segnale di sperpero energetico.

La formazione di queste “candele” o “moccoli” di ghiaccio, come vengono anche popolarmente chiamati, deriva infatti dalla cattiva coibentazione delle case: il calore dei riscaldamenti invece di restarsene ben confinato all’interno degli edifici sfugge all’esterno soprattutto attraverso tetti e infissi. Quando i tetti sono coperti di neve il tepore che passa attraverso il tetto scioglie il manto nevoso dal basso generando uno scorrimento d’acqua fino al bordo. Se le temperature esterne sono negative il gocciolio non arriva al suolo e si accumula invece sotto forma di stalattite di ghiaccio appesa alla grondaia. Il fenomeno può verificarsi anche sui bordi dei balconi e talvolta anche sotto i davanzali di finestre sulle quali vi era accumulo di neve. In questi casi il calore che genera lo scioglimento filtra dall’infisso, in genere come spiffero caldo dalla base dello stesso.

L’edilizia popolare degli anni ’60-‘70 appare particolarmente propensa a favorire questo fenomeno, data la quasi totale assenza all’epoca di una cultura della conservazione dell’energia (si ricorda che fino alla crisi petrolifera del 1973 i prezzi dei combustibili fossili erano bassissimi).

Negli edifici di più recente fabbricazione il fenomeno stalattiti è meno marcato e spesso assente dato che i tetti sono meglio coibentati e gli infissi sono a tenuta. In questi giorni dunque le analisi energetiche degli edifici si possono quasi fare “a occhio”: là dove pendono grandi o numerose stalattiti sarebbe necessario intervenire con una seria ristrutturazione energetica dell’edificio, sfruttando i benefici fiscali concessi dalla legge.

Il patrimonio edilizio del nostro paese ha conosciuto proprio negli anni Sessanta e Settanta un’impressionante espansione e dunque gli edifici di cattiva qualità energetica sono purtroppo molto numerosi: un programma di ristrutturazione di questo ampio patrimonio potrebbe dare un grandissimo contributo sia all’economia del paese che ai suoi conti energetici ed emissivi. Si stima infatti che da un quarto a un terzo delle emissioni di gas serra sia dovuta agli edifici e molte di queste emissioni sarebbero evitabili puntando alla maggiore efficienza delle case/scuole/capannoni/uffici e chi più ne ha più ne metta.

L’efficienza energetica oltretutto è richiesta dal piano europeo 20-20-20 (pacchetto clima-energia), che tra gli altri obiettivi mira alla diminuzione dei consumi energetici del 20% entro la fine del decennio. Per spronare le regioni d’Europa a contribuire a questo obiettivo virtuoso vengono finanziati programmi di stimolo come EnercitEE (link: www.enercitee.eu), dove Arpa Emilia-Romagna partecipa con il sottoprogetto Clipart, dedicato alla pianificazione climatica degli enti locali. Il programma EnercitEE, realizzato congiuntamente da Germania (regione Sassonia), Italia (Emilia-Romagna), Francia (Alta Savoia), Polonia (Bassa Slesia) e Svezia (Smaland) mira specificamente a coinvolgere cittadini ed enti locali in questo sforzo di efficienza.

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