Le nuove professioni dell’economia verde: le energie pulite creano tanti posti di lavoro

La green economy promette grandi mutamenti nel mondo delle professioni. Non solo in quelle strettamente tecniche quali possono essere quelle dell’ingegnere esperto in progettazione delle energie rinnovabili o del manager del ciclo integrato dei rifiuti urbani. Infatti, dall’educatore all’avvocato e all’assicuratore ambientale, dalla comunicazione alla moda, dall’agroalimentare alla cosmesi, in tutti i campi crescono nuovi […]

La green economy promette grandi mutamenti nel mondo delle professioni. Non solo in quelle strettamente tecniche quali possono essere quelle dell’ingegnere esperto in progettazione delle energie rinnovabili o del manager del ciclo integrato dei rifiuti urbani. Infatti, dall’educatore all’avvocato e all’assicuratore ambientale, dalla comunicazione alla moda, dall’agroalimentare alla cosmesi, in tutti i campi crescono nuovi esperti "verdi". La sostenibilità ambientale è la vera sfida dei prossimi anni. E così è in atto una vera rivoluzione dei sistemi di produzione, di arti e mestieri. Ma serve creare durature e concrete opportunità di lavoro ed evitare soluzioni estemporanee o di mero greenwashing.
«In generale la stima dei green job è molto complessa», spiega il professor Vittorio Chiesa responsabile dell’Osservatorio Energy e Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano. Secondo alcuni studi, in Italia gli addetti legati all’economia verde sarebbero circa 300.000. «Ma resta arduo quantificare quanti di questi siano addizionali agli addetti ai settori dedicati e specialistici come le fonti rinnovabili o l’efficienza energetica». Nel solo settore fotovoltaico si parla di 18.500 responsabili diretti e di circa 50.000 se si considerano quelli indiretti, come i piccoli installatori e chi si occupa di comunicazione o di certificazione. «Dati che abbiamo ricavato da un campione di 120 interviste eseguite sul campo. D’altra parte è emerso anche come l’80% degli installatori che hanno operato per la prima volta nel fotovoltaico non avevano alcuna esperienza in merito». Nel 2010 «il settore ha generato un giro d’affari compreso fra i 16 e i 18 miliardi di euro, che diminuirebbe sensibilmente con la fine degli incentivi».
Meno facili le stime per biomasse, eolico, geotermico o idroelettrico. Anche se non è inverosimile parlare di 3040.000 addetti fra diretti e indotto. «Più interessanti sono le prospettive. In Italia uno studio realizzato congiuntamente da GseIefe Bocconi valuta un’occupazione di 250.000 posti di lavoro lordi entro il 2020. Parliamo di lordo perché resta complicato capire quanta di questa occupazione sia effettiva o semplicemente sostitutiva di impieghi in altri settori economici», conclude Chiesa. Infatti in Germania, per esempio, sono discordi le valutazioni su quanti green job nelle rinnovabili siano davvero al netto di ogni altro fattore. E nel 2009, in Spagna, nei mesi successivi ai provvedimenti restrittivi adottati dal governo per gli incentivi nel settore fotovoltaico si sarebbe stimato un calo di 15.000 unità lavorative. In Italia, proprio grazie agli incentivi, è stato possibile installare impianti fotovoltaici senza sviluppare tecnologie più evolute delle attuali e ottenere un abbattimento dei costi industriali.
Occorre così non confondere due temi che devono rimanere invece distinti: diffusione degli impianti rinnovabili "tradizionali" e ricerca e sviluppo delle fonti. La prima non ha senso senza un forte investimento nei secondi. E anche nel fotovoltaico la competitività passa per R&S, da perseguire attraverso la formazione di esperti e centri di assoluto livello. Vi è poi il solare termodinamico, un’opportunità interessante per la produzione di energia elettrica. Soprattutto in regioni ad alta insolazione diretta. «Il Global Concentrating Solar Power Outlook 2009 è uno degli studi più recenti e accreditati sul solare termodinamico — dice Cesare Fera, presidente di Anest, Associazione Nazionale Energia Solare Termodinamica — Questo studio prevede tra i 100.000 e i 200.000 occupati nel 2020 e tra un milione e 2 milioni nel 2050 in tutto il mondo». Il punto è cercare di capire quanti di questi numeri riguarderanno l’Italia. «Per dare una spinta determinante al settore e consentire al nostro paese di diventare leader ed esportatore di tecnologia sarebbe sufficiente proseguire i programmi di ricerca di Industria 2015 pagando gli stati di avanzamento dei progetti e aggiornare il decreto di incentivazione sul solare termodinamico prima dell’estate» precisa il presidente di Anest. Per documentare gli sviluppi di business della green economy e valutare concretamente le esigenze formative dei nuovi profili servono dunque confronti concreti e trasversali tra gli operatori del settore, come ha dimostrato, recentemente, il 1° Workshop nazionale Image, Incontri sul Management della Green Economy, tenutosi a Torino.

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