L’atomo è fermo al 2008

La «macchina del nucleare procede spedita e sta rispettando i tempi previsti» : parola di Stefano Saglia. Immaginiamo quanto dev’essere costato al serio e competente sottosegretario allo Sviluppo economico professare tanto ottimismo proprio mentre il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, gli faceva marameo. Comunicando, come ha fatto giovedì 3 marzo, che la maggioranza […]

La «macchina del nucleare procede spedita e sta rispettando i tempi previsti» : parola di Stefano Saglia. Immaginiamo quanto dev’essere costato al serio e competente sottosegretario allo Sviluppo economico professare tanto ottimismo proprio mentre il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, gli faceva marameo. Comunicando, come ha fatto giovedì 3 marzo, che la maggioranza delle Regioni considera inaccettabile il nuovo decreto legislativo del governo sui criteri per la localizzazione delle centrali atomiche.

QUATTRO – Solo in quattro hanno dato parere favorevole: i governatori di Piemonte, Lombardia, Campania e Veneto. Tutte Regioni governate dal centrodestra, fronte che ha comunque registrato defezioni rilevanti, come Lazio e la Sardegna. Ma anche in quel manipolo di fedelissimi non mancano le puntualizzazioni. L’assessore al Bilancio della Lombardia Romano Colizzi, per esempio, ha già messo le mani avanti: «La Regione è autosufficiente dal punto di vista energetico quando si parlerà di nuovi insediamenti bisognerà tenere conto di questo». Una bella doccia fredda. Prova ulteriore che rilancio dell’energia atomica, uno dei pilastri del programma dell’attuale governo, si sta rivelando sempre più un grosso pasticcio.

IL BRACCIO DI FERRO – Difficoltà burocratiche, ostacoli tecnici, ma anche disinteresse della politica, superficialità e una certa dote di dilettantismo: in questa storia non manca proprio niente. Prendiamo la famosa Agenzia per la sicurezza nucleare. È cuore dell’operazione. Non soltanto è la struttura incaricata di sorvegliare sull’aspetto più delicato della questione, ma è anche l’organismo che deve dare il disco verde alla scelta dei siti dove costruire le centrali. Subito diventa oggetto di un braccio di ferro fra ministeri dell’Ambiente dello Sviluppo. Si va avanti per mesi, finché il 28 aprile del 2010, due anni dopo l’insediamento del governo, l’allora ministro Claudio Scajola annuncia: «Il presidente Berlusconi ha firmato il decreto per l’approvazione dello statuto dell’Agenzia nucleare». Qualche giorno dopo si deve dimettere per lo scandalo della sua casa al Colosseo acquistata grazie a un contributo di 900 mila euro del costruttore Diego Anemone, coinvolto nelle inchieste sugli appalti nei Grandi eventi. Il suo successore Paolo Romani arriva soltanto cinque mesi più tardi. E finalmente il 5 novembre 2010 senatore Umberto Veronesi, eletto nelle liste del Pd, accetta di essere nominato presidente dell’Agenzia, scatenando un putiferio nel centrosinistra. Immediatamente annuncia le dimissioni dal Senato. «Non posso restare in tutti due i ruoli», dice. Ma a quattro mesi da quella dichiarazione, il marzo 2011, è costretto ad ammettere: «Il lavoro è fermo. Siamo cinque persone e stiamo ancora mettendo su le basi che permetteranno all’agenzia di funzionare. Certo, non abbiamo ancora una sede e succede che dobbiamo trovarci a discutere attorno al tavolo di un bar». Ma anche se quella sede esistesse, i telefoni fossero attaccati, gli impiegati seduti alle loro scrivanie, saremmo pur sempre a carissimo amico. Perché la scelta dei luoghi fisici dove piazzare le centrali atomiche potrà avvenire soltanto dopo il nuovo decreto del governo che fissa i criteri per i siti. E lì ne vedremo delle belle. Anche perché il provvedimento, come abbiamo visto, è stato contestato ancora prima di vedere la luce dalle Regioni, le quali avevano fatto ricorso alla Consulta contro il precedente decreto, ottenendo il riconoscimento al diritto di un «adeguato coinvolgimento» nelle decisioni.

GIOCO DELL’OCA – Insomma, un gioco dell’oca che farà perdere altro tempo dopo quello già sprecato. Basti pensare che il primo decreto parzialmente bocciato dalla Corte costituzionale è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 10 febbraio del 2010, sebbene l’ex ministro Scajola avesse categoricamente assicurato l’8 luglio di due anni prima: «Decideremo i criteri per siti entro il 31 dicembre 2008». Una delle tante promesse di cui è stato prodigo nel corso degli anni il predecessore di Romani. «Entro questa legislatura porremo la prima pietra per la costruzione nel nostro Paese di un gruppo di centrali nucleari nuova generazione», proclamò appena insediato, il 22 maggio del 2008. E ancora pochi giorni prima andarsene, il 28 aprile 2010, insisteva: «Recupereremo in tempi celeri il nostro ritardo». Un altro anno è quasi trascorso e gli ingranaggi burocratici sono ancora pieni di sabbia.

ALTRE PRIORITÀ – Intanto sono materializzate altre priorità del governo: prescrizione breve, la legge sulle intercettazioni, riforma della giustizia penale. È finito in cantina anche il piano energetico nazionale annunciato da Berlusconi il 20 settembre 2008 per la primavera successiva che avrebbe dovuto prevedere, testuale, «l’avvio del nucleare» e consentire «al Paese di riportare i costi energetici allo stesso livello delle altre imprese e famiglie europee». Il 22 giugno 2010 il presidente della commissione Ambiente della Camera Angelo Alessandri, leghista, ha preso atto che il Piano era ancora alto mare. «Tanto vale ha chiosato — azzerare tutto e lasciar fare i piani alle Regioni». Altro che atomo…

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