La scuola “visionaria” del ministro Profumo: fatti o parole?

L’intervista che il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, ha concesso ieri al Mattino contiene diversi spunti interessanti. Innanzitutto non si parla di una ennesima e improbabile riforma ma di un progetto “visionario” per la scuola, cioè di alcune idee forti e chiare, proiettate in avanti, lungo un orizzonte che la politica (altro che ministri tecnici…) non […]

L’intervista che il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, ha concesso ieri al Mattino contiene diversi spunti interessanti. Innanzitutto non si parla di una ennesima e improbabile riforma ma di un progetto “visionario” per la scuola, cioè di alcune idee forti e chiare, proiettate in avanti, lungo un orizzonte che la politica (altro che ministri tecnici…) non dovrebbe mai perdere di vista. In secondo luogo, attraverso la voce del ministro competente, il governo prende alcuni impegni concreti per provvedimenti che non vengono annunciati e rinviati al prossimo secolo, ma appartengono all’agenda dell’esecutivo in carica fino al 2013. E dunque vanno rispettati, altrimenti anche il ministro Profumo, notoriamente una persona seria, entrerebbe nel club dei venditori di promesse non mantenute. Stiamo parlando di soldi e investimenti (un miliardo di fondi europei destinati al Sud, dei quali 350 milioni in Campania); interventi non più rinviabili (sicurezza ed edilizia scolastica); modernizzazione del sistema (con un uso più diffuso delle nuove tecnologie); aumento dell’età dell’obbligo e rilancio delle scuole professionali (regionali), distrutte da scelte miopi e in controtendenza rispetto al resto del mondo, come volano per nuova formazione e nuova occupazione.

Ottime intenzioni: tutte da verificare sul campo, certo, ma indicative di una “visione” indispensabile per dare una direzione di  marcia a un sistema così complesso e sfarinato come quello della scuola italiana. Quanto ai soldi, Profumo esclude altri tagli e sebbene riconosca che i quattrini sul tavolo siano pochi, si appella “all’autonomia responsabile” degli istituti scolastici per non sprecarli e per utilizzarli al meglio e nell’interesse della collettività. Già, la responsabilità. Qui il ministro non può dirlo, ma noi sappiamo bene che in Italia esistono tante scuole pubbliche che, nonostante la scarsità di risorse, riescono a mantenere la qualità dell’istruzione a livelli molto alti, con presidi, professori, bidelli, che fanno il loro mestiere con professionalità e con passione. Sono eroi? Diciamo che sono persone normali in un Paese diventato anormale anche nel girone dell’Istruzione, e andrebbero incentivate (in primo luogo con aumenti di stipendio non a pioggia e urbi et orbi) e riconosciute per l’importanza della loro funzione. E andrebbero gratificate rispetto a chi, al contrario, rema contro e contribuisce dall’interno a impoverire il sistema scolastico italiano, magari difendendo piccoli e grandi privilegi e cattive abitudini. Il ministro sogna una scuola civic center, centro civico della città, e aperta ai cittadini, con biblioteche e palestre, durante l’intero arco della giornata. E’ una “visione” che può sembrare velleitaria e probabilmente pecca di un eccessivo ottimismo: ma, ancora una volta, perché dovrebbe essere impedito a un ministro ed a un governo, per quanto a termine, di pensare in grande? In realtà la scuola civic center esiste in molti paesi evoluti, in materia di formazione e non solo, della nostra Europa  e in Italia potrebbe trovare una sponda straordinaria nell’universo del volontariato, dove già oggi è impegnato un cittadino su quattro e dove non mancano risorse umane e finanziarie, energie vitali mosse da uomini e donne di buona volontà. La scuola civic center, per funzionare,  deve, e il verbo non ha alternative, trovare il suo equilibrio in un corretto rapporto tra interesse pubblico, da tutelare come prioritario senza confusione di ruoli, e partecipazione dei privati, che magari potrebbero aggiungere, con generosità e senza i soliti calcoli del tornaconto personale, quelle risorse finanziarie che lo Stato, nonostante le buone intenzioni del ministro Profumo, non è più in grado di assicurare con continuità e con abbondanza. Anche questo è un progetto politico, e non tecnico, e in Inghilterra, per esempio, è stato battezzato con un nome “visionario”: Big Society, cioè una società che avanza rispetto a uno Stato che, anche per necessità, arretra. Trasformare un progetto così ambizioso in una realtà concreta e quotidiana, significa in Italia sconfiggere i residui delle ideologie e gli interessi delle corporazioni, lo scetticismo dei catastrofisti a buon mercato e l’accidia dei finti innovatori. E’ un vasto programma, signor ministro, e non possiamo che farle i migliori auguri.  

 

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