La poesia è un dono

Portami nel luogo piu’ triste di Lisbona, ho chiesto a una studentessa della capitale portoghese quando si e’ offerta di farmi girare la citta’. Ogni citta’ ha la sua dose di tristezza. La tristezza di Bombay e’ negli occhi dei suoi bambini, e te ne accorgi subito gia’ percorrendo il tragitto dall’aeroporto all’hotel e incontri […]

Portami nel luogo piu’ triste di Lisbona, ho chiesto a una studentessa della capitale portoghese quando si e’ offerta di farmi girare la citta’.

Ogni citta’ ha la sua dose di tristezza. La tristezza di Bombay e’ negli occhi dei suoi bambini, e te ne accorgi subito gia’ percorrendo il tragitto dall’aeroporto all’hotel e incontri gli occhi di quei bambini che corrono e vengono a chiederti l’elemosina contro i vetri del taxi. Una grande tristezza e’ scesa anche sulla citta’ di New York quell’11 settembre 2001, una tristezza dai cui postumi la Grande Mela sta ancora cercando di guarire.

La tristezza di Lisbona e’ la tristezza dell’impero perduto. Questa e’ la citta’ da cui diversi navigatori salparono alla conquista del mondo. Oggi e’ una citta’ che conta mezzo milione di abitanti, considerata di secondo ordine in un continente che non domina piu’ il mondo. questa la tristezza che descrive il grande poeta portoghese Fernando Pessoa: “Aggiustiamo il passato / come si aggiusta un vestito / Nell’inquietudine che la quiete deve portare nelle nostre vite / Quando tutto cio’ che facciamo e’ pensare a cio’ / che eravamo, e fuori / c’e’ solo la notte”.

risaputo che la poesia e’ la forma espressiva che meglio comunica la tristezza. Quindi non c’e’ da meravigliarsi che la citta’ piu’ triste d’Europa che io abbia mai visto abbia anche compiuto lo sforzo piu’ donchisciottesco in cui io mi sia imbattuto negli ultimi anni.

A Lisbona ho incontrato un giovane di nome Changuito, che lo scorso novembre ha aperto una libreria che si chiama Poesia Incompleta interamente dedicata alla poesia. La libreria consta di due stanze e un giardino; nelle due stanze ci sono scaffali pieni di libri di poesia e, dietro i libri, scatoloni pieni di volumi di poesia non catalogati.

Il negozio non vende nessun altro tipo di libri
: niente fiction, non fiction, niente cd, niente giochi, caffe’, vino, musica dal vivo, nulla, nessun happening. un negozio che si frequenta solo se si ama la poesia, ci si siede all’interno o nel giardino e si leggono libri che Changuito e la sua fidanzata comprano durante i loro viaggi in giro per il mondo.

Per me una libreria, che si trovi a Bombay, Roma o New York, passa l’esame in base alla sua sezione di poesia. da quel reparto che si puo’ capire se il proprietario e’ li’ per passione o per avidita’ di ricchezza. La maggior parte delle grandi catene di librerie americane relegano la poesia nel retro o nel seminterrato del negozio, come se fosse un segreto colpevole. La poesia non porta soldi a nessuno; e’ un dono. Da questo punto di vista, la libreria di Changuito e’ un vero tesoro, un concentrato di doni. Mi ha fatto piacere vedere, ad esempio, sul sito Internet del negozio (poesia-incompleta.blogspot.com), il miglior libro di poesia indiana in lingua inglese degli ultimi anni: ‘Jeuri’ di Arun Kolatkar. la sola libreria interamente dedicata alla poesia che io abbia mai visto.

Ma chi legge poesia di questi tempi? Tutti noi. Ogni volta che ascoltiamo musica pop, ascoltiamo il testo, un’elegante condensazione di esperienza dentro il linguaggio. Dio ci parla esclusivamente in versi. Quando ci rechiamo in chiesa o in una moschea o in un tempio, le scritture che ascoltiamo o gli inni che cantiamo sono tutti scritti in metri. La poesia ci plasma piu’ di quanto immaginiamo e siamo pronti a riconoscere.

La studentessa cui ho dato l’incarico di portarmi nel luogo piu’ triste di Lisbona mi ha accompagnato, com’era prevedibile, in un piccolo ristorante dove suonano il fado, quella musica esclusivamente triste che parla di perdita. Ma la libreria Poesia Incompleta e’ un luogo ancora piu’ triste – e non intendo una tristezza nel senso tragico del termine. Il negozio e’ pieno di saudade, la tristezza nostalgica – quella che lo scrittore turco Orhan Pamuk chiama ‘huzun’, o malinconia, “uno stato d’animo che in definitiva afferma e nega la vita contemporaneamente”. Quando ci penso ora, l’impresa impossibile di Changuito nel centro di quella dolorosa citta’, mi rende inesplicabilmente felice.

Traduzione Rosalba Fruscalzo

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