Internet, due miliardi di navigatori. Ma il 2 febbraio finiranno gli indirizzi

SEMPRE più persone sono connesse a internet e la rete non può più sopportare questa crescita. Questa situazione è descritta da due dati distinti, ma il cui senso si sovrappone: gli utenti connessi a Internet, fa sapere l’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (Uit), sono oltre due miliardi; anche per questo, il numero di apparecchiature connesse a […]

SEMPRE più persone sono connesse a internet e la rete non può più sopportare questa crescita. Questa situazione è descritta da due dati distinti, ma il cui senso si sovrappone: gli utenti connessi a Internet, fa sapere l’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (Uit), sono oltre due miliardi; anche per questo, il numero di apparecchiature connesse a internet cresce troppo velocemente e lo spazio sta finendo. Tra poche settimane, o anche pochi giorni, gli indirizzi Ip – quella serie di numeri che identificano in maniera univoca un computer connesso alla Rete – saranno terminati.

A lanciare l’allarme è Vinton Cerf, l’uomo considerato il creatore di internet proprio per aver progettato l’infrastruttura tecnologica degli indirizzi Ip. Secondo Cerf rimangono "poche settimane" prima di quella che è stata soprannominata ‘Apocalisse degli Ip’, che in inglese suona meglio: Ipcalypse. Poche settimane che diventano pochi giorni secondo i calcoli dell’azienda Usa Hurricane Electric 1: sono meno di 30 milioni gli indirizzi disponibili e, al ritmo sostenuto con il quale vengono riempiti, la fine arriverà intorno alle 4 del mattino del 2 febbraio. Fra una settimana.

I dati. Nel 2000 il mondo della Rete era ancora una nicchia, a livello mondiale: solo 250 milioni di persone avevo l’accesso a internet. Oggi quei numeri sono lievitati e hanno superato i 2 miliardi di persone. Questa crescita impetuosa ha ripercussioni sul problema degli Ip, di cui il mondo è affamato.

Dagli anni ’80 la crescita è stata continua e tendenzialmente stabile. Ma negli ultimi anni c’è stata un’impennata: più persone, connessioni senza limite di tempo (e quindi indirizzi Ip praticamente fissi) e più apparecchiature – cellulari, smart grid e anche auto intelligenti – online 24 ore al giorno hanno richiesto una ‘spesa’ in termini di Ip sempre maggiore. Portando al limite del collasso denunciato da Cerf e da molti altri.

Il problema è tecnico, ma le conseguenze sono evidenti. La questione è lo standard IPv4, ideato nel 1977 da Vinton Cerf e nato effettivamente nei primi anni ’80. L’IPv4 stabilisce come ogni apparecchio collegato alla rete è identificato e lo fa attraverso una sequenza di numeri come 213.92.87.37: Ogni blocco di cifre ha un valore massimo di 255 che dà vita a 4,3 miliardi di combinazioni possibili.

"E’ tutta colpa mia – ha spiegato Vint Cerf in una recente intervista – quando abbiamo pensato al sistema degli indirizzi Ip pensavamo a un esperimento. E pensavamo che 4,3 miliardi di indirizzi per un esperimento bastassero". Per fortuna Internet non è stato solo un esperimento, ma ora bisogna risolvere il problema: "Chi poteva immaginare – continua Cerf – di quanto spazio avremmo avuto bisogno?".

Una soluzione già esiste, ed esiste da anni. Negli anni ’90, quando si è capito che Internet non sarebbe stata una bolla, è nata l’evoluzione dell’IPv4: l’IPv6 è una chiave a 128bit (contro i 32 dell’IPv4) e garantisce oltre un miliardo di quadriliardi di combinazioni (ovvero un numero di 38 cifre). Ma i provider di servizi internet e le grandi aziende non si sono ancora messe al passo con i tempi e non tutte sono pronte a implementare il nuovo standard.
 
Niente paura: al termine della disponibilità, Internet non si spegnerà. Ma si rallenterà il suo ampliamento, alcuni apparecchi potrebbero dover condividere lo stesso indirizzo Ip (e sarebbero indistinguibili dall’esterno) e le performance diminuiranno lentamente. "Gli utenti – spiega Axel Pawlik, managing director del Ripe Cnn, l’ente europeo che gestisce gli Ip – non noteranno effetti nel futuro prossimo". Ma i due standard sono incompatibili quindi "prima o poi si avranno difficoltà a raggiungere siti in IPv6 se la rete da cui ci si collega è IPv4" e viceversa.

Per questo, ha spiegato Cerf durante una conferenza in Australia, è importante accelerare il passaggio al nuovo
standard, aggiornando tutti i vecchi indirizzi. "I grandi provider di servizi internet europei – continua Pawlik – sono già pronti per il nuovo protocollo, sono più che altro quelli di media grandezza che ancora non si sono messi al passo. Ma sicuramente entro la fine dell’anno non avremo più nessun indirizzo IPv4 da assegnare, e saremo costretti a rispondere ‘ve l’avevamo detto’".

Il primo grande passo è atteso per il prossimo 8 giugno, quando Google e altre grandi aziende testeranno per un giorno il nuovo standard. Per ora il cronometro continua a ticchettare.

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