Volontari di Udine insegnano i mestieri ai giovani afghani

Sarti, idraulici, falegnami, parrucchieri: arrivano dal Friuli ad Herat e portano lavoro ai giovani del luogo. Una storia di collaborazione sul territorio che funziona, e aiuta davvero gli immigrati a non cercare la salvezza sui barconi della morte.

INSEGNARE UN MESTIERE –

Quando si parla di aiutare gli immigrati nei loro paesi a ricostruirsi una vita, a trovare un lavoro, ad uscire dall’incubo della povertà, spesso si fanno discorso molto astratti. Poi ci sono i casi concreti, le storie, i fatti, che invece fanno ben sperare. Come nel caso di un gruppo di artigiani, reclutati dalla Confartigianato di Udine, che ad agosto sono andati in Afghanistan per aiutare la popolazione locale. Come? Insegnando un mestiere, e dando così un’opportunità reale di lavoro.

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IL PROGETTO DI CONFARTIGIANATO UDINE –

Idraulici, sarte, parrucchieri, falegnami, estetisti, sono arrivati ad Herat, dove fino al prossimo mese di gennaio ci sarà un contingente militare italiano, e hanno fatto per un mese lezioni, tre ore al mattino e tre ore al pomeriggio, con l’aiuto di un traduttore, per insegnare a giovani afghani, di età media di 25 anni, il loro mestiere.

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L’idraulico friulano, per esempio, ha spiegato come si lavora con poca acqua e scarsa elettricità. Il falegname ha spiegato come si costruiscono mobili e perfino piccole case in legno. La parrucchiera l’uso del colore per le donne , il taglio, la piega e i segreti del trucco. E una sarta di Udine, che possiede un laboratorio di biancheria intima, ha perfino portato alcuni materiali dall’Italia per organizzare una linea di produzione locale con pochi mezzi.

INSEGNARE UN MESTIERE AI GIOVANI AFGHANI –

L’esperimento sta funzionando, e grazie a questi corsi professionali altri giovani afghani avranno un lavoro. «Da quando siamo arrivati qui, dieci anni fa, ci siamo sempre preoccupati di dare un’opportunità di lavoro agli abitanti locali» racconta il generale di brigata Michele Risi, alpino e triestino, comandante del contingente militare italiano ad Herat «E così abbiamo creato posti negli uffici, nella ristorazione, nella logistica». Immaginiamo per un attimo il sogno: se si riuscisse ad attivare la gigantesca rete del volontariato made in Italy per questa specifica attività di formazione, quanto lavoro si darebbe alle popolazioni di giovani che finiscono sui barconi della morte per arrivare in Europa? Tanto, e sarebbe la loro salvezza.

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