Expo 2015: scopriamo il boom della nuova agricoltura

Aumentano fatturati, imprese e occupazione e le aziende biologiche sono diventate 50mila. In prima fila ci sono le donne e i giovani: un terzo delle aziende è guidato da under 35.

INNOVAZIONE NELL’AGRICOLTURA –

L’Expo di Milano servirà anche a celebrare, senza eccessivi e inutili trionfalismi, un fenomeno a cavallo tra la società e l’economia: il ritorno alla campagna da parte degli italiani. Siamo usciti dal tunnel di una sottocultura economica che voleva ridurci a un Paese di servizi e di industrie, cancellando le tracce di un Paese cresciuto invece sulla vitalità della sua agricoltura. E abbiamo riscoperto, negli affanni della Grande Crisi, le virtù del nostro scheletro di un popolo di contadini, capaci di esprimere il valore della sobrietà e quindi di una solidità anche di natura finanziaria. Chi meglio di un contadino, infatti, sa gestire i propri risparmi e riesce a proteggerli da qualsiasi scossa?

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RITORNO DEI GIOVANI IN AGRICOLTURA –

L’agricoltura è l’unico settore in controtendenza, rispetto alla lunga recessione che ancora ci attanaglia. Crescono i fatturati e il pil del settore (1 per cento), l’occupazione, con un aumento a due cifre attorno al 10 per cento, e aumenta una forte tendenza all’innovazione che non riguarda solo i prodotti, pensiamo alle consolidate eccellenze dell’agroalimentare made in Italy, ma anche le interazioni tra i vari ambiti, dalla coltivazione all’enogastronomia, passando per il turismo green. Questa crescita ha dei precisi connotati  che vanno esaminati, anche per capire le potenzialità del sistema Paese. Il primo è il suo timbro femminile. Sono le donne, sempre loro, a spingere sull’acceleratore del cambiamento tanto che si stanno lentamente impadronendo di un settore dove gli uomini hanno fatto evidenti passi indietro. Ormai un’azienda agricola su tre (in tutto sono 532mila)  è guidata da donne, e anche l’occupazione nei campi è molto marcata al femminile: lavorano in agricoltura 1 milione e 300mila donne, circa il doppio dei numeri in Spagna (660mila) e il triplo di Francia e Germania (340mila). Accanto alle donne ci sono i giovani, visto che un altro terzo delle imprese agricole è guidato da ragazzi under 35 e in generale i conduttori juniores di aziende legate alla coltivazione dei campi sono raddoppiati rispetto al 2007. Se prima un vizio ideologico faceva considerare l’agricoltura poco attraente per i giovani, oggi vale il contrario: meglio la coltivazione di un pezzo di terra che un lavoro precario in un call center o un’impossibile carriera nel perimetro dell’università. Donne e giovani, e arriviamo al secondo connotato, con alti livelli di istruzione.  Più del trenta per cento ha un diploma e il 15 per cento una laurea (tra l’altro le iscrizioni ad Agraria stanno esplodendo in tutta Italia), con una formazione che poi si riflette in modo positivo sulle scelte strategiche delle aziende. Il terzo elemento del boom in agricoltura riguarda il nuovo posizionamento delle imprese: verso l’alto, come fascia di mercato, e verso l’estero come sbocco di mercato. Per troppi anni abbiamo subito, con le mani alzate in segno di resa, la concorrenza, talvolta sleale, dell’ortofrutta in arrivo da altri paesi mediterranei, come la Spagna e la Grecia, e ci siamo decisi ad affrontare il problema, al limite del rischio sopravvivenza, con una scelta di fondo. Un esempio per tutti è il biologico, che si traduce appunto in uno spostamento di fascia, con alta qualità ed alti prezzi. Ormai questo settore è una vera eccellenza del made in Italy: siamo leader in Europa per numero di aziende (50mila) e per ettari coltivati (oltre 1 milione). Il biologico non conosce crisi dei consumi, le indagini di mercato sono tutte orientate all’ottimismo nel medio e lungo termine, ed è a questo segmento del mercato, per esempio, che guardano i giovani interessati all’assegnazione dei 5.500 ettari messi a bando dal ministero dell’Agricoltura. Speriamo solo che non ci metta lo zampino la solita burocrazia a rendere tutto complicato e faticoso.

AGRICOLTURA E TURISMO –

Alzando la fascia, abbiamo dato una spinta alle esportazioni (valgono 35 miliardi di euro solo nell’enogastronomia) e abbiamo integrato l’agricoltura con il turismo, con il fitness, con l’industria del tempo libero. Con una spinta dal basso, senza che nessun governo si sia mai sognato di fare una vera politica industriale nel settore agricolo, l’Italia è diventata un paese di bad and breakfast, agriturismo, distretti che coniugano cibo, frutta e verdura e beni culturali. Non si tratta più di fenomeni di nicchia, di basso impatto in termini occupazionali, ma di un vero sistema che ormai ha piena dignità nell’economia nazionale.  E tra le integrazioni di settore, c’è da aggiungere quella tra agricoltura e industria farmaceutica e della cosmetica. Proprio ad Expo, per esempio, sarà presentato un promettente progetto laziale, creato nell’area dell’Agro Pontino, che consente di ricavare farmaci dalle bucce di pomodori e di patate o anche creme di eccellente qualità. Attraverso una tecnica green, che prevede l’utilizzazione di anidride carbonica, dai rifiuti agricoli, altrimenti sprecati, si estrae il licopene naturale, una sostanza con qualità antiossidanti, molto utilizzata nei farmaci per i problemi cardiovascolari e per le terapie anticancro. Anche da qui passa la rinascita dell’agricoltura italiana.

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