Il riciclo come motore dell’economia, dell’architettura e dell’arte: una mostra al museo Maxxi racconta il nostro futuro…..

Carlotta Clerici Al Maxxi di Roma una mostra fotografica dal 1° dicembre al 29 aprile Il riciclo diventa arte da esposizione Fotografie, installazioni e plastici con testimonianze di riciclaggio provenienti da tutto il mondo MILANO – La pratica del riciclo come motore d’innovazione creativa. È questo l’obiettivo della mostra Re-Cycle (1° dicembre-29 aprile al Maxxi […]

Carlotta Clerici

Al Maxxi di Roma una mostra fotografica dal 1° dicembre al 29 aprile

Il riciclo diventa arte da esposizione

Fotografie, installazioni e plastici con testimonianze di riciclaggio provenienti da tutto il mondo

MILANO – La pratica del riciclo come motore d’innovazione creativa. È questo l’obiettivo della mostra Re-Cycle (1° dicembre-29 aprile al Maxxi di Roma). Un’esposizione, tra fotografie, installazioni e plastici che raccoglie testimonianze di riciclaggio provenienti da tutto il mondo e che, per essere allestita, ha richiesto una preparazione e un lavoro di selezione dei progetti della durata di un anno e mezzo. A mettere insieme i pezzi per costruire la panoramica mondiale, in totale 75 opere disposte su tavoli di cartone riciclato o visibili sugli schermi e dal vivo in alcune aree dello spazio museale, il curatore della mostra, Pippo Ciorria, coadiuvato da uno staff di giovani con meno di 30 anni, che è riuscito a combinare il tema dell’emergenza ambientale con quello della ricerca artistica.

RICICLO – «Un’idea», spiega Ciorra, «nata dopo una profonda analisi dei movimenti artistici che, a partire dagli anni Ottanta, hanno perso il senso del collettivo per virare sui progetti individuali e al concetto di sovrastruttura. Ossia dove l’oggetto artistico non viene più inventato dal nulla ma tendenzialmente viene reinterpretato e trasformato. Con un raggio di applicazione che coinvolge numerosi settori». Un tema trasversale infatti, quello della reinvenzione, non solo delle opere e degli oggetti, ma anche degli edifici, delle discariche, delle gallerie stradali e delle ferrovie dismesse. E che, partendo dall’arte, può essere d’aiuto per mandare un messaggio e sensibilizzare le persone al problema del riciclo e dell’inquinamento ambientale. «Nella mostra», spiega Ciorra, «cerchiamo di far capire che gran parte delle forme artistiche vivono di riciclo. Ad esempio la musica, dove la tendenza degli ultimi anni è campionare i brani già scritti. E che, in certi casi, ha trovato nel riciclaggio un metodo di diffusione sovversiva. Un esempio, visibile durante il percorso, sono le radiografie degli anni Sessanta provenienti dalla Russia, usate come matrici per copiare i dischi di vinile e diffondere la musica proibita ai tempi del regime. Lastre al torace o al cranio che, durante la guerra fredda, servivano a suonare i Rolling Stone e Jimi Hendrix. Oppure, abbiamo anche esempi di riciclaggio televisivo, grazie al programma Blob, inventato da Enrico Ghezzi, che ci ha fornito 50 ore di spezzoni assemblati ad hoc».

ESEMPI – Molti anche gli esempi di architettonici disseminati nella mostra, come l’ecoarca progettata dal collettivo Miniwitz di Taiwan, una parete gigante composta da un milione di bottiglie di plastica e le villette di Ragusa costruite con il riciclo degli scarti edilizi dall’architetto Giuseppina Grasso Canizzo. In esposizione, oltre ai lavori contemporanei, anche alcuni progetti storici e altri assemblati in tempo reale. E dove, a fare da protagonista, è in primo luogo la sensibilità ambientale. Tra le opere più significative a livello ecologico, il lavoro dell’italiana Elisabetta Terragni che ha lavorato sulle gallerie stradali abbandonate per trasformarle in spazi museali oppure i frammenti delle biblioteche convertite in cellule di stanze per turisti, nella strutture alberghiere dei centri storici abbandonati tra Campania e Lucania, dal gruppo austro-italiano Feld 72. «L’esempio più importante di riconversione a livello mondiale, per risultato e partecipazione collettiva», spiega Ciorra, «è senza dubbio l’High Line di New York, visibile nella mostra grazie al plastico originale del progetto. Si tratta di vagoni abbandonati che un tempo portavano ai moli, trasformati grazie ai cittadini in un parco alberato che è diventato anche lo spazio verde più amato della grande mela. Un’idea copiata già in altre città europee, come Barcellona, dove sono stanno riconvertendo le ferrovie abbandonate, ma che potrebbe essere applicata anche in Italia e per altri luoghi abbandonati come, ad esempio, per sfruttare la sopraelevata di Genova».

ALTRE OPERE – Tra le opere assemblate al Maxxi l’installazione di legno e rafia sintetica Maloca, degli artisti brasiliani Humberto e Fernando Campana, e il padiglione officina Roma, realizzato con materiali di recupero edilizio e scarti d’arredamento, costruito dagli stessi architetti e da 20 studenti delle scuole secondarie. In più, come una sorta di mostra nella mostra, anche Permanent Error, percorso fotografico composto da 27 scatti del sudafricano Pieter Hugo, che documenta la drammatica situazione delle discariche del Ghana dove attualmente vengono spediti e bruciati la maggior parte dei prodotti tecnologici, scartati dall’Occidente.

 

 

Torna in alto