Guerra dei pomodori e della pasta: chi vuole mettere il Sud in ginocchio

La cinica gaffe dell’azienda Pomì, che vorrebbe indurci a consumare le sue passate fatte esclusivamente “con pomodori freschi della Pianura padana”, approfittando di emergenze ambientali come la tragedia della Terra dei fuochi, è una strategia distruttiva di un intero territorio e del suo popolo.

Prepariamoci al prossimo spot: la migliore pasta d’Italia si produce a Busto Arsizio, e non a Gragnano, tempio dell’eccellenza di uno dei prodotti più amati dagli italiani. La cinica gaffe dell’azienda Pomì, che vorrebbe indurci a consumare le sue passate fatte esclusivamente “con pomodori freschi della Pianura padana”, non è solo il frutto avvelenato, a proposito di sicurezza alimentare, di una campagna commerciale spregiudicata quanto priva di fondatezza. Purtroppo dietro a uno slogan sbagliato c’è altro, molto altro. La Pomì, in modo consapevole o involontario: non importa, ha dato così il suo contributo, con tanto di marchio di fabbrica, al tentativo di demolire l’industria agroalimentare del Mezzogiorno. E lo ha fatto utilizzando una doppia chiave, di straordinaria pericolosità: un narrazione che stravolge la realtà e una seduzione che tocca le corde più sensibili dei consumatori, quelle della sicurezza del cibo.

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Il cantiere della demolizione è aperto da tempo, e mentre migliaia di aziende del Sud, piccole, medie e grandi, fanno i salti mortali per conquistare quote di mercato nella frontiera dove agricoltura e industria si saldano, in tanti giocano sporco per cancellare uno dei pochi presidi economici ancora vitali nel Mezzogiorno. L’enogastronomia, e più in generale l’agroalimentare, nelle regioni meridionali valgono oro, e non solo quello rosso del pomodoro, e questo valore incorpora qualità e unicità, dalla mozzarella alla pizza, dal vino alla frutta, con tanto di certificazioni dop, doc, e via discorrendo. Rovesciare la realtà, approfittando di emergenze ambientali come la tragedia della Terra dei fuochi, significa appunto essere complici di una strategia distruttiva di un intero territorio e del suo popolo.

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E a proposito di strategia, ci aspettiamo qualcosa in più dal ministero delle Politiche agricole, rispetto a un’ordinaria difesa d’ufficio del made in Sud. Per esempio, interventi forti e mirati per la tracciabilità dei prodotti: il gruppo Coop ha appena lanciato una campagna che consente di sapere tutto, in termini di provenienza, su ben 1.400 prodotti alimentari in vendita nella sua rete. Si può allargare questa iniziativa? Sarebbe un vantaggio per i produttori onesti e per i consumatori, e si eviterebbero campagne commerciali poco credibili. Ancora: dal ministero può arrivare un’attività di promozione, coordinata con altri soggetti (pensiamo all’Ice), dell’intera filiera dell’agroalimentare del Sud, dopo che per anni le Politiche agricole in Italia hanno significato un fantasma o sono state prigioniere degli interessi di un minoranza di produttori del Nord, come nel caso della sgangherata battaglia per le quote latte tanto cara ai leghisti e ai loro elettori.

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Al tavolo di questa sporca partita che rischia di dare l’ultima spallata a un Mezzogiorno boccheggiante, è seduto, infine, un giocatore decisivo: l’informazione. In questo caso non serve la strategia, ma la responsabilità. Non è possibile trasformare Carmine Schiavone, che adesso si autodefinisce “un pentito, pentito di essersi pentito”, nell’oracolo che porta il suo Verbo in giro per le televisioni italiane. Come se la sua parola non fosse stata valutata già alcuni anni fa dai magistrati, con molta professionalità, attendibile in alcuni casi e priva di riscontri, dunque falsa, in altre circostanze. Fidiamoci di Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia, che dice chiaro e forte: «Sappiamo già tutto sui disastri della Terra dei fuochi, adesso occuparci delle bonifiche, non di quello che la magistratura ha accertato a suo tempo». Una buona e corretta informazione avrebbe fatto in modo che anche dalle parti della Pomì qualcuno fosse venuto a conoscenza di questo dato, che non è uno slogan commerciale: la Pianura padana è il territorio più inquinato d’Europa. Come viene certificato da un Rapporto sulla qualità dell’aria appena pubblicato dall’Agenzia europea per l’ambiente, con tanto di numeri e di rilevazioni. Altro che pomodori sicuri e freschi….

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