Giardinieri, muratori, cuochi le dieci professioni del futuro

  dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI NEW YORK – È la Top Ten delle professioni del futuro, una guida indispensabile per capire le opportunità di lavoro che si offrono alle nuove generazioni. Ahinoi, non entrano ai piani alti della classifica né il medico né l’avvocato, non ci sono l’ingegnere o l’architetto. Al primo posto troviamo […]

 

dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI
NEW YORK – È la Top Ten delle professioni del futuro, una guida indispensabile per capire le opportunità di lavoro che si offrono alle nuove generazioni. Ahinoi, non entrano ai piani alti della classifica né il medico né l’avvocato, non ci sono l’ingegnere o l’architetto. Al primo posto troviamo cuochi e camerieri. Leader per la percentuale di aumento: le badanti. Ma anche vigilantes, camionisti, giardinieri, infermieri. Una caratteristica unifica i mestieri che "tirano": i servizi alla persona. La sfera del benessere individuale, dell’assistenza, dell’aiuto, avrà un boom con l’invecchiamento della popolazione. Inoltre sono le uniche attività per le quali è impossibile la delocalizzazione nei paesi emergenti (salvo che con il fenomeno inverso: l’importazione di immigrati). Ma sono questi i mestieri per i quali stanno studiando i nostri figli? Dipende: come status e come remunerazione rischiano di essere al di sotto delle aspettative dei giovani. Ma attenzione: per quanto possano sembrare sotto-qualificate, le professioni del futuro richiederanno comunque studi universitari.

Sono queste le conclusioni-choc di uno studio fatto in America per il periodo che arriva fino al 2018. La base di partenza è un’importante indagine del U. S. Bureau of Labor Statistics, una miniera di dati ufficiali rielaborata dal Georgetown University Center on Education and the Workplace (è pubblicata sotto il titolo  

“Help Wanted: Projections of Jobs and Education Help Wanted: Projections of Jobs and Education”)

Queste proiezioni sono valide per l’America, dunque. Ma è difficile non vedervi prefigurato il futuro di tutte le società occidentali, sottoposte a trend molto simili. Gli Stati Uniti sono il laboratorio d’avanguardia che l’Europa prima o poi finisce per imitare. La ripresa economica è iniziata prima qui che sul Vecchio continente. E anche se restano 15 milioni di disoccupati da riassorbire, i segni di vitalità cominciano a moltiplicarsi sul mercato del lavoro. Da qui al 2018 l’economia americana sembra in grado di tornare a creare oltre un milione di nuovi posti di lavoro all’anno (saldo netto fra assunzioni e licenziamenti). Il problema sta tutto nella qualità. L’America ha appena riconquistato il primato tra i grandi esportatori d’Occidente, strappandolo alla Germania e tornando così al secondo posto mondiale dietro la Cina. Ma l’exploit del made in Usa è tutto affidato a settori industriali hi-tech come la chimica fine, le macchine utensili, che hanno un’avanzato livello di automazione e assorbono poca manodopera. Già oggi quei settori tecnologici che assumono i laureati nelle cosiddette facoltà "STIM" (Scienze, Tecnologie, Ingegneria, Matematica) hanno 4,8 milioni di addetti mentre i titolari di quelle lauree sono 15,7 milioni. I due terzi devono cercarsi un posto altrove.

Cresce così il fenomeno della "sovra-qualificazione". Già oggi sono laureati il 17% dei baristi, il 32% delle massaggiatrici, il 26% delle indossatrici. E il divario tra formazione universitaria e attività lavorativa non farà che ingigantirsi in futuro. Perché da oggi al 2018 l’economia assorbirà solo 300.000 ingegneri di software, contro 500.000 baristi. I settori trainanti per le assunzioni sono tutti in quella sfera di attività "ancillari", di servizio, che per tradizione non consideriamo nobili né particolarmente remunerative. Con un’operazione molto "politically correct", la definizione dei mestieri viene promossa usando parafrasi lusinghiere. L’economia americana assorbirà il 18% in più di addetti alla "paesaggistica degli spazi verdi": sono giardinieri. Ci vorranno 825.651 "assistenti domestici per la salute": sono le badanti. Come effetto collaterale della crescita delle vendite su Internet ci vorranno per le consegne a domicilio 1,8 milioni di camionisti. Due milioni e settecentomila in più saranno "rappresentanti del servizio alla clientela": è il vasto esercito del telemarketing, più tutti coloro che al telefono smistano le chiamate per reclami, guasti, richieste d’informazioni. Ma per selezionarli le imprese alzeranno sempre di più la barra: "ci vogliono 22 milioni di laureati in più entro il 2018". La spiegazione? "Per gli uffici delle risorse umane, chiedere titoli di studio superiori semplifica la selezione, eliminando automaticamente una parte dei candidati. Inoltre la laurea dà un’infarinatura di cultura generale che sarà obbligatoria anche nei lavori più umili". 

 
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