Frodi alimentari, la legge e’ salva

LA LEGGE contro le frodi alimentari, vittima del ‘taglialeggi’ varato dal ministro Roberto Calderoli 1, è salva grazie a un cavillo giuridico. Proprio così. A dirlo sono gli avvocati esperti di diritto alimentare del blog ilfattoalimentare.it 2e lo conferma il ministero della Salute. "Una legge di vitale importanza che rischiava di sparire si è salvata […]

LA LEGGE contro le frodi alimentari, vittima del ‘taglialeggi’ varato dal ministro Roberto Calderoli 1, è salva grazie a un cavillo giuridico. Proprio così. A dirlo sono gli avvocati esperti di diritto alimentare del blog ilfattoalimentare.it 2e lo conferma il ministero della Salute. "Una legge di vitale importanza che rischiava di sparire si è salvata in corner", spiega l’avvocato Dario Dongo, responsabile politiche regolative di Federalimentare ed esperto del fattoalimentare.it. "Tutto merito di una piccola ‘epigrafe’ in cima al testo – continua Dongo – che lascia in pieno vigore la legge 283 del 1962, la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, ovvero lo strumento più noto e diffuso per sanzionare in sede legale gli illeciti alimentari". Eppure, in difesa della tesi della legge cancellata sono scesi in campo partiti politici, associazioni dei consumatori e un nome importante come quello del procuratore di Torino Raffaele Guariniello, ben noto alle cronache in fatto di sentenze “avanzate” nel settore della contraffazione alimentare, che dalla seconda metà di dicembre si trova di fatto bloccato non avendo di fatto più nessuna normativa di riferimento.

Tutto è iniziato il 22 dicembre scorso quando il “Sannio quotidiano” riferiva

di un commerciante assolto dal reato di detenzione di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione. Secondo la tesi difensiva (a quanto pare, accolta dal giudice di merito) la norma che punisce questi fatti – articolo 5 della legge 283/62 appunto – risulterebbe abrogata a partire al 16 dicembre 2010. Ciò deriverebbe, secondo il teorema difensivo, dalla cosiddetta “legge-delega per la semplificazione legislativa”, la 246 del 2005, nella quale è prevista l’abrogazione di tutte le disposizioni legislative statali pubblicate prima dell’1° gennaio 1970, con eccezione di quelle indicate nei suoi decreti di attuazione.

Una lettura delle norme in tema di semplificazione potrebbe in effetti portare a credere che anche la legge 283 del 1962 sia stata spazzata via, ma non è così. La stessa legge-delega per la semplificazione esclude, infatti, dall’abrogazione tutti i provvedimenti che rechino in epigrafe la dicitura "codice" o "testo unico". E, dal momento che la 283/62 ha nell’epigrafe la parola “testo unico”, la tutela degli alimenti dovrebbe essere salva. "Potremmo usare – spiega ancora Dongo – la metafora dell’Arca di Noè per descrivere questo meccanismo di semplificazione: si caricano sull’Arca (che è poi il decreto legislativo di attuazione, d.lgs. 179/09) i soli provvedimenti, tra quelli anteriori all’1.1.70, che interessa mantenere in vita; sono tuttavia “membri di diritto” dell’Arca, secondo la norma sopra citata, i codici e i testi unici tra cui appunto codice civile (del 1942), codice penale (del 1930) e anche la 283/62; tutte le altre normative vengono spazzate via dal diluvio universale".

La conferma che la legge sui cibi adulterati sia ancora valida ci viene anche un dossier dell’Ufficio Studi del Senato di cui riportiamo uno stralcio: “Il ministero [della Salute, ndr] consiglia il mantenimento del presente provvedimento [la legge 283/1962, ndr], poiché reca disciplina sanitaria degli alimenti e delle bevande. In quanto modifica di testo unico, il provvedimento non dovrebbe comunque essere inserito nell’allegato I, rientrando nei settori esclusi”. Appare perciò ben fondata la tesi sostenuta dal ministero della Salute, che abbiamo consultato in via informale, secondo cui il combinato disposto delle varie norme esclude l’abrogazione della legge 283/1962. Anzi, il dossier parlamentare sopra citato evidenzia l’assenza di alcuna volontà abrogativa del legislatore nei confronti della nostra legge.

Rimane dunque in pieno vigore l’articolo 5 della legge in questione, che recita quanto segue:“È vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari:
– private anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolate a sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale, salvo quanto disposto da leggi e regolamenti speciali;
– in cattivo stato di conservazione;
– con cariche microbiche superiori ai limiti stabiliti […];
– insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione;
– con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati […] o, nel caso che siano stati
autorizzati, senza l’osservanza delle norme prescritte per il loro impiego […];
– che contengano residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l’uomo […]”.

Vale la pena ricordare che la tutela del consumatore in ambito alimentare è garantita anche dal Codice penale da almeno tre articoli:

-Commercio di sostanze alimentari nocive – Chiunque detiene per il commercio, pone in commercio ovvero distribuisce per il consumo sostanze destinate all’alimentazione, non contraffatte né adulterate, ma pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a € 51,65. La pena è diminuita se la qualità nociva delle sostanze è nota alla persona che le acquista o le riceve.” (art. 444 c.p.).

-Frode in commercio – Chiunque, nell’esercizio di una attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a € 2.065,83. Se si tratta di oggetti preziosi, la pena è della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a € 103,29.” (art. 515 c.p.).

-Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, art. 516 c.p. Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio come genuine sostanze alimentari non genuine è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a € 1.032,91.

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