Essenziali ed ecosostenibili I mobili della nuova Africa

Lauretta Coz Peter Mabeo, Francis Kéré, El Anatsui, sono i nomi di alcuni creativi emergenti che dall’ Africa stanno conquistando il mondo. L’ Africa, sempre più regina delle nuove tendenze. Peter Mabeo ha vinto l’ anno scorso all’ Icff di New York il premio come miglior produttore di mobili. A Londra è stato segnalato fra […]

Lauretta Coz

Peter Mabeo, Francis Kéré, El Anatsui, sono i nomi di alcuni creativi emergenti che dall’ Africa stanno conquistando il mondo. L’ Africa, sempre più regina delle nuove tendenze. Peter Mabeo ha vinto l’ anno scorso all’ Icff di New York il premio come miglior produttore di mobili. A Londra è stato segnalato fra i giovani talenti di 100% Design, e a Milano, ha fatto il pieno di compratori. Lui la sua sfida l’ ha vinta, vive e lavora nel suo Botswana e crea pezzi di design che sono un nuovo mix and match, fra la cultura tradizionale africana e il design di firme internazionali. Ha creato una fabbrica di mobili a Gambalore, la capitale del Botswana. Applica uno sviluppo senza sfruttamento della società africana che si affaccia in modo nuovo al mondo. A Milano i suoi mobili, realizzati nel bellissimo legno Panga Panga, e in altre essenze pregiate, fanno mostra di sé dalle vetrine di Spotti. «I miei prodotti sono ecosostenibili, e con un forte apporto di artigianalità. Alta qualità e molta cura nel lavorare il legno». L’ Africa emerge nella sapienza del lavoro artigianale, nelle linee semplici e ancestrali, figure di legno scolpito alla perfezione, lontane dall’ etnico-style. Si è garantito i progetti di firme internazionali: Patricia Urquiola, la canadese Patty Johnson e Claesson Koivisto Rune dalla Svezia. Tavoli, sedie, panche, sgabelli con un sapore d’ Africa mai banale, come i ricami del tavolino Naledi. «Nella nostra lingua Naledi significa Stella che è anche il motivo tipico che si ottiene intrecciando i fili di plastica colorati delle linee telefoniche». È lasciato alla manualità dell’ artigiano che lo lavora il decoro del tavolino Thuthu (tradotto, fungo). Realizzato in legno di latifoglie raccolto in modo sostenibile, lo sgabello Thuthu è ecologico sia esteticamente che culturalmente. Viene invece dal Burkina Faso, Francis Kéré, architetto vincitore del prestigioso Swiss Architectural Award. Commenta Mario Botta. «Con Francis Kéré l’ architettura ritrova i suoi significati più profondi, legati a un’ attività in grado di affrontare importanti problemi là dove ristagnano sacche di povertà e sottosviluppo che l’ architettura non può ignorare. La sua è un’ architettura di grande umiltà, che indica con forza come l’ etica del costruire talvolta conduce ai meravigliosi silenzi del linguaggio poetico». L’ Africa avanza, i very trend setter nazionali l’ hanno già fiutato nell’ aria, come Rossana Orlandi, Patrizia Moroso e Carla Sozzani. Patrizia Moroso ha un amore totale per l’ Africa, è sposata con Abdu Salam Gaye, pittore senegalese. Vive a Udine, con marito e tre figli in una casa che è una contaminazione di italian style e colori africani. «Appena possiamo, andiamo in Senegal. Il problema dell’ Africa è quello di scrollarsi di dosso l’ etichetta dello stereotipo: vacanza esotica da una parte e soggetto di serate benefiche dall’ altra. È molto di più. C’ è un’ Africa piena di colore che vuole comunicare, affossando per sempre il cliché imposto dal colonialismo francese fatto solo di tinte ebano e avorio. Ho cercato di mettere insieme tutto questo con l’ esposizione M’ Afrique». M’ Afrique si può ammirare nella mostra «L’ Africa delle meraviglie» a Palazzo Ducale a Genova, fino al 5 giugno. Anche la nuova sede a Udine di Moroso è progettata da un architetto africano, David Adjaye, del Ghana. «Ho scoperto David Adjaye alla Biennale di Venezia, spiega Patrizia Moroso. È un architetto che ama l’ arte». La nuova sede di Moroso è un cubo bianco traslucido. Effetto luminoso garantito dalle ampie vetrate e le pareti rivestite da uno strato sottile di pietra che fa passare la luce. Arriva dal Ghana anche El Anatsui, designer, artista che ha esposto i suoi arazzi da Rossana Orlandi. «Le sue raffinate tessiture di tappi corona, spiega Rossana Orlandi, rimandano, nella regalità della loro esecuzione, agli abiti da cerimonia africani, e si rivelano ideali contrappunti degli arredi del senegalese Barbacar Niang e di Cheikh Diallo, designer del Mali, che per prima ho introdotto a Milano». Perché come scrive la poetessa afroamericana Maya Angelou: «L’ Africa come impressione, come idea, vive nel profondo dell’ immaginazione umana. Spesso la sua forma è oltre il potere della parola e il suo profilo giace sotto gli strati del recupero cosciente. Vive in tutti noi ad un livello primordiale, inesplicabile ma innegabile». Vedere l’ Africa con gli occhi dell’ arte contemporanea, della fotografia, dell’ architettura e del design, è forse un modo più corretto di relazionarsi a questo grande e potente continente, talmente ricco e così diversamente creativo da poter essere ancora oggi una delle maggiori fonti di ispirazione della modernità occidentale. È per questo che ci piace.

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