Elezioni: Il segnale dal Sud

Due fronti, Nord e Sud. Mentre i rapporti di forza tra i due principali schieramenti politici, centrodestra e centrosinistra, non hanno visto cambiamenti sostanziali con il voto per le Europee, la scossa e’ arrivata sul piano della geografia politica. Nelle regioni settentrionali la Lega, pur non riuscendo a superare il Pdl in Veneto e in […]

Due fronti, Nord e Sud. Mentre i rapporti di forza tra i due principali schieramenti politici, centrodestra e centrosinistra, non hanno visto cambiamenti sostanziali con il voto per le Europee, la scossa e’ arrivata sul piano della geografia politica. Nelle regioni settentrionali la Lega, pur non riuscendo a superare il Pdl in Veneto e in Lombardia come pure sperava, ormai e’ un partito del 20 per cento, che ha sfondato nelle regioni rosse come l’Emilia e la Toscana ed e’ riuscito perfino a strappare un imprevisto 3 per cento nel Centro Italia. Nelle regioni meridionali, invece, dilaga un astensionismo (con punte superiori al 40 per cento in Sicilia e in Sardegna) che certo punisce il centrodestra e di fatto sposta gli equilibri territoriali all’interno di una maggioranza dove la golden share, o potere d’interdizione, della Lega e’ destinata solo ad aumentare. Cosi’, a bocce ferme, il contrasto e’ evidente, e non solo nei numeri: se la Lega riesce a imporre la sua politica ed a selezionare una brillante classe dirigente sul territorio, la sua versione meridionale, il Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo, non cresce e contribuisce a una sindrome suicida del centrodestra proprio in quella regione, appunto la Sicilia, dove sono concentrati i suoi elettori. In poche parole, al Nord si fa politica, al Sud si consumano lotte di potere.

L’unica novita’, in questo quadro, arriva da una lettura congiunta nel Sud del voto europeo con quello amministrativo, che ha visto l’Udc schierarsi con il suo alleato naturale, il Pdl. Nella circoscrizione meridionale il vecchio centrodestra (Foza Italia, Alleanza nazionale e Udc) di fatto supera la soglia del 50 per cento e in Campania assistiamo a tre presidenze di amministrazioni provinciali (Avellino, Napoli e Salerno) assegnate al primo turno con un larghissima maggioranza. All’avanzata della Lega al Nord, corrisponde la crescita dell’Udc al Sud. E passando dai numeri ai fatti, il partito centrista sembra l’unica forza politica in grado di riequilibrare i rapporti all’interno dello schieramento che attualmente governa l’Italia. La politica ha i suoi tempi, e oggi e’ presto per capire se e come maturera’ un nuovo rapporto tra gli ex alleati del centrodestra, ma certamente questo sara’ un tema centrale nell’agenda di Silvio Berlusconi e sara’ il punto sul quale si misurera’ la possibilita’ di dare un nuovo profilo, non schiacciato sulla destra, ai moderati italiani.

In Campania, con il voto di sabato, viene a scadenza il lungo ciclo politico della sinistra egemone, alla regione con Antonio Bassolino e al comune di Napoli con Rosa Russo Iervolino. Questa volta il blocco di potere, consolidato in tanti anni anche grazie all’inerzia e all’inconsistenza sul territorio del centrodestra, non ha retto. La frana non ha argini. E gli elettori hanno mostrato la precisa volonta’ di liquidare una classe dirigente del centrosinistra che negli ultimi anni e’ riuscita soltanto a mostrare una singolare capacita’ di sopravvivenza. Ma un risultato cosi’ netto, cosi’ significativo, pone le forze politiche del centrodestra in Campania di fronte a nuove responsabilita’: non ci saranno piu’ alibi, per esempio, per aprire porte e finestre di questo schieramento a nuove energie sul territorio, a una rete di alleanze che riesca a riportare nel perimetro della politica uomini, donne, associazioni, che finora hanno preferito restare alla finestra o, peggio, accomodarsi in qualche strapuntino della filiera del centrosinistra. Ci sara’, invece, il tempo per costruire anche in Campania, e innanzitutto a Napoli, un nuovo profilo di governo locale del centrodestra, con programmi e classe dirigente adeguati alla probabile conquista prima della Regione e poi del Comune. Gli elettori sono pronti al cambiamento, i partiti devono dimostrare di essere all’altezza di queste aspettative.

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