“Crudeltà contro gli squali”. Al via la campagna per salvarli

Si chiama finning. Vuol dire che si pesca uno squalo, si strappano le pinne e si butta a mare tutto il resto. E’ una tecnica che unisce crudelta’ e spreco e comincia a trovare un’opposizione crescente. Shark Alliance, una coalizione che raggruppa piu’ di 100 organizzazioni impegnate nella conservazione degli squali, fa scattare da oggi […]

Si chiama finning. Vuol dire che si pesca uno squalo, si strappano le pinne e si butta a mare tutto il resto. E’ una tecnica che unisce crudelta’ e spreco e comincia a trovare un’opposizione crescente. Shark Alliance, una coalizione che raggruppa piu’ di 100 organizzazioni impegnate nella conservazione degli squali, fa scattare da oggi la Settimana europea dello squalo chiedendo ai membri dell’Europarlamento di impegnarsi per il rafforzamento del divieto di finning.

Al momento infatti la regolamentazione europea prevede un bando che e’ piuttosto facile aggirare. Ma esiste un modo molto semplice ed efficace per far rispettare il divieto di inning: richiedere che gli squali vengano sbarcati con le pinne attaccate. E’ questo quello che si proporra’ in centinaia di eventi e manifestazioni che saranno organizzati in tutta Europa durante la settimana che inizia oggi.

Al momento gli squali non se la passano bene. Hanno cattiva stampa: si sottolineano le tendenze aggressive di poche specie e si dimentica che un terzo delle mille specie di squali e affini e’ a rischio estinzione, mentre un altro 20 per cento potrebbe diventarlo nel giro di poco tempo. Nel Mediterraneo si e’ gia’ registrato un crollo del 42 per cento, con punte del 97 per cento.Gli squali e i loro vicini parenti, le razze, sono particolarmente vulnerabili al sovrasfruttamento, in quanto sono animali caratterizzati da una crescita lenta, raggiungono tardi la maturita’ sessuale e hanno una scarsa fertilita’. “L’Europa, avendo un ruolo significativo nella cattura, nel consumo e nel commercio globale di squali, ha il dovere di adottare politiche di conservazione efficaci”, ha detto Uta Bellion, coordinatore delle attivita’ europee di Shark Alliance.
L’Italia e’ stata fino al 2000, secondo le statistiche della Fao, il maggior importatore del mondo di squali . Nel 2005 era al quinto posto per importazione di squali e prodotti di squali, dietro a Spagna, Corea del Sud, Cina, e Messico.

Ma dove finiscono le 93 mila tonnellate di squali uccisi dai paesi europei? La risposta e’ semplice. Sulle nostre tavole, camuffati con nomi di fantasia: palombo, gattuccio, smeriglio, ma anche missola in Liguria, nizza nelle Marche, penna in Puglia, “vitello di mare” a Venezia. Negli ultimi anni comunque misure di protezione cominciano ad essere decise in vari paesi. Nel gennaio 2008 il Congresso americano ha discusso una legge per la salvaguardia degli squali, misure simili sono gia’ state adottate da vari paesi che si affacciano sul Golfo del Messico, l’Australia ha varato un piano di protezione nel 2004.

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