Crescono le foreste, ma gli uccelli sono a rischio

Le foreste italiane aumentano, ma la loro qualità ecologica resta bassa. E ciò comporta danni alla biodiversità di casa nostra e, in particolare, per alcune specie di uccelli: gallo cedrone, fagiano di monte, astore di Sardegna e la migratrice balia dal collare. Specie che si trovano in uno stato di cattiva conservazione, e per le […]

Le foreste italiane aumentano, ma la loro qualità ecologica resta bassa. E ciò comporta danni alla biodiversità di casa nostra e, in particolare, per alcune specie di uccelli: gallo cedrone, fagiano di monte, astore di Sardegna e la migratrice balia dal collare. Specie che si trovano in uno stato di cattiva conservazione, e per le quali è scattato il “semaforo rosso”: se non si migliorerà l’habitat, rischiano l’estinzione locale. Non si salvano nemmeno molte specie di picchi, giudicati in uno stato “insoddisfacente” di tutela (semaforo giallo). L’allarme viene da un recente studio effettuato dalla Lipu-BirdLife Italia per il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare sullo “stato di conservazione” dell’avifauna in Italia.

Il 2011 è l’Anno internazionale delle foreste, e dunque se da una parte la superficie forestale italiana aumenta (siamo a 10,6 milioni di ettari, il 34,7 per cento del totale), la struttura dei boschi appare poco diversificata, e non idonea a ospitare gli uccelli. Fattori cui si aggiungono i troppi tagli, le carenze gestionali e la presenza di specie alloctone.

«Una situazione che ci preoccupa non poco – sottolinea Marco Gustin, responsabile Specie Lipu-BirdLife Italia – perché un gruppo di specie, quelle più rare e localizzate come gallo cedrone, fagiano di monte, astore di Sardegna e la balia dal collare, si trovano in una situazione di difficoltà a causa della scarsità di foreste d’alto fusto, la cui diffusione invece permetterebbe una maggiore presenza sia di queste specie che di altre. È un gruppo di specie che rischia estinzioni locali se non si migliorerà l’habitat in cui si riproducono».

Lo studio LIPU realizzato per il ministero dell’Ambiente evidenzia problemi anche per altre specie come l’astore, la tordela, il luì bianco e il luì verde, così come per i picchi: picchio nero, picchio rosso mezzano, picchio dalmatino, picchio tridattilo. Tutte specie giudicate in uno stato “insoddisfacente” di tutela (semaforo giallo).

«Per arginare questo fenomeno il ruolo della rete Natura 2000 è fondamentale – prosegue Claudio Celada, Direttore Conservazione Natura Lipu-BirdLife Italia – a partire dalla protezione come Zone di protezione speciale delle foreste vetuste e delle porzioni ancora prive di disturbo per gli animali. Ma anche attraverso le opportunità offerte dai Piani di sviluppo rurale, in particolare le misure silvo ambientali e le indennità Natura 2000. Un altro fattore importante è che le aree protette e i siti ad alto tasso di biodiversità siano collegate dal punto di vista ecologico tra di loro e non diventino isole di natura circondate da cemento e infrastrutture. Dunque occorre costruire una vera e propria rete di aree che assicurino la sopravvivenza delle specie», conclude Celada.

L’importanza delle foreste per gli uccelli è indiscussa a livello globale: questo habitat ospita il 70 per cento delle specie di uccelli a livello mondiale. Su quasi 7mila specie “forestali”, un migliaio risultano essere globalmente minacciate. In Europa negli habitat di foresta boreale e temperata 12 specie su 76 sono in declino e solo una specie ha incrementato la propria popolazione.

Tra il 1980 e il 2005 alcuni modelli statistici dell’Unione europea hanno registrato un declino del 14 per cento per gli uccelli comuni degli ambienti forestali, secondi dopo quelli degli ambienti agricoli (-43 per cento). Nel dettaglio, il francolino di mont è minacciato da alterazione e disturbo dell’habitat riproduttivo, cambiamenti climatici, bracconaggio, gestione forestale impattante, infrastrutture turistiche, alta mortalità per i pulcini alla schiusa delle uova; il gallo cedrone patisce per la riduzione e frammentazione dell’habitat,l’impatto di attività di gestione forestale, il disturbo alle arene di canto, il bracconaggio, l’impatto con cavi elettrici e i cambiamenti climatici. Poi ancora, per la balia dal collare la sua densità è elevata solo dove le pratiche di gestione forestale siano condotte nel rispetto delle esigenze ecologiche della specie, con particolare riferimento alla salvaguardia delle piante più vecchie; e quanto all’astore della Sardegna, patisce la perdita di habitat riproduttivo, la persecuzione diretta, la gestione forestale, la frammentazione (piste forestali), gli incendi (cambiamenti climatici).

Torna in alto