Conferenza sul clima di Parigi: cancelliamola se non c’è un accordo

Entro il 31 marzo tutti i paesi dovevano dichiarare i propri impegni, ma Cina e India tacciono. E America e Russia riciclano vecchi dati. Allora tanto vale eliminare l’inutile summit in Francia.

CONFERENZA SUL CLIMA DI PARIGI 2015 –

La scadenza si avvicina, e gli impegni si allontanano. La prossima Conferenza internazionale sul clima, fissata a Parigi per la fine del mese di novembre del 2015, dovrebbe rappresentare un punto di svolta negli impegni globali contro le emissioni dei gas serra, per migliorare il quadro climatico e ridurre i rischi dall’eccessivo surriscaldamento del Pianeta. Fin qui le solite parole e i soliti impegni con generiche buone intenzioni. Ma i fatti, quelli veri, non promettono nulla di confortante. Anzi. Il 31 marzo scorso scadeva il termine fissato dall’Onu entro il quale i vari paesi dovevano fissare gli obiettivi nazionali delle emissioni. Si tratta di una scadenza essenziale, perché indica il punto di partenza della trattativa che poi dovrebbe concludersi con i solenni negoziati e impegni di Parigi. Bene: di fronte a questo appuntamento, tra i paesi più inquinatori del mondo è scattata una singolare melina, un gioco a scaricare sugli altri gli impegni senza assumere posizioni coraggiose. Insomma: passi indietro, dettati dalla cautela e dall’attesa delle misure degli altri paesi, e poca volontà di cambiamento.

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LE POLITICHE AMBIENTALI DEI DIVERSI PAESI –

Così all’appello dell’Onu hanno risposto, nei tempi fissati, l’Unione europea (dove effettivamente si sta tentando di ridurre le emissioni) e alcuni paesi tra i più virtuosi nelle politiche ambientali, come la Svizzera e la Norvegia. Poi, all’ultimo momento, hanno presentato i loro piani anche America e Russia. Ma con un trucco: si tratta di impegni già annunciati a suo tempo e non di nuovi obiettivi, magari più ambiziosi dei precedenti considerando la gravità della situazione. Gli Stati Uniti, per esempio, hanno ribadito la volontà di ridurre le emissioni di gas serra del 26-28 per cento entro il 2025 e rispetto ai valori registrati nel 2005. Sono numeri già comunicati dal governo di Obama, e non c’è bisogno di fare due settimane di una Conferenza internazionale per ripetere cose note e risapute. Sarebbe la solita e inutile passarella. E il dubbio viene alimentato anche dal fatto che Cina e India, due potenze economiche super inquinanti, a loro volta non hanno presentato alcun impegno entro il 31 marzo. Silenzio tombale. E la Cina in particolare è rimasta inchiodata all’effimera dichiarazione di intenti con la quale, nei mesi scorsi, si è detta disponibile a toccare il punto massimo di emissioni nel 2030, per poi diminuire. Adesso non viene confermato neanche questo traguardo, e allora tanto vale, se non ci saranno accordi preliminar,i cancellare la Conferenza di Parigi. Almeno così l’opinione pubblica internazionale capirebbe chi rema contro il cambiamento.

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