Concorso beffa per migliaia di ricercatori. E poi li vogliamo in Italia…

Il bando risale a un anno e mezzo fa, ma è tutto congelato. I giovani scrivono a Renzi: “Così siamo pronti ad emigrare“

CONCORSO RICERCATORI –

Il tweet collettivo è arrivato direttamente a Matteo Renzi. Centinaia di giovani ricercatori feriti dal concorso-beffa del ministero dell’Istruzione avvertono il capo del governo: “Noi continuiamo ad abbandonare l’Italia“. E non possono fare diversamente di fronte all’ennesimo abisso che separa gli annunci dalla realtà, sulla pelle di un’intera generazione. Ricordate? Era il gennaio del 2014 quando l’allora ministro Maria Chiara Carrozza, con la solita enfasi di un ceto politico ormai abituato a sparare promesse per conquistare consensi, annunciò un concorso per giovani ricercatori, under 40, che avrebbe dovuto segnare la fine della fuga dei cervelli all’estero. Un concorso trasparente, internazionale (con tanto di progetti esposti in inglese), ben finanziato (47 milioni di euro), e innanzitutto rapido. Cioè il contrario di quello che sta avvenendo, visto che a distanza di un anno e mezzo tutto è ancora impantanato nella palude di una burocrazia inefficiente, di una politica sorda e inconcludente, di un avvilente percorso a ostacoli che sembrano ogni giorno più insormontabili. Tutto fermo. E intanto migliaia di ragazzi, scoraggiati per questa ennesima presa in giro, alzano la voce solo per confessare una tragica verità: in questa Italia per loro non c’è posto.

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La vicenda del Sir (Scientific indipendence of young researchers), questo il titolo del concorso spalmato in tre macroaree (Scienze della vita, Scienze fisiche e ingegneria e Scienze umanistiche e sociali), è paradigmatica di un clima, di un contesto ambientale, nel quale sta affondando la ricerca, e dunque il futuro, del Paese. Facciamo fatica, e ogni occasione è buona per dimostrarlo, a selezionare, valutare e premiare il merito. Non siamo più in grado di garantire il più banale riconoscimento a chi mostra di avere passione, capacità e competenza. Nel mondo del sapere, dove il talento è una risorsa essenziale per favorire una sana crescita economica, noi siamo come dei marziani, indifferenti di fronte alle aspettative dei giovani che utilizziamo solo per fare numeri, desolanti statistiche sulla mancanza di lavoro e di opportunità. Due cose che in tutti i paesi civili non mancano, nonostante le difficoltà che derivano dai venti ancora impetuosi della Grande Crisi.

La sfiducia di questi ragazzi, che arrivano a scrivere al capo del governo con un hastag #albandolaricerca come denuncia dell’inganno subìto, si gonfia con continue aspettative che evaporano nella cruda realtà di un Paese che i concorsi sa farli soltanto truccandoli a favore di amici e parenti. Il Sir doveva essere la versione italiana del modello europeo Starting Grants, ma ne è diventato una tragicomica imitazione, falsa come gli annunci del ministro dell’epoca: in Europa, cioè in quella casa dove siamo sempre tra gli ultimi, questi concorsi si aprono e si chiudono in pochi mesi. Senza lasciare i partecipanti nel guado dell’incertezza e del silenzio. Ci pensi il premier quando dovrà rispondere al tweet collettivo che ha ricevuto: e auguriamoci che almeno lui, che della velocità vuole fare una cifra della sua azione politica, dia un segnale forte e chiaro. Per dimostrare che la ricerca in Italia, come in generale il merito, non sono ancora messi completamente al bando.

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