Robot e web ci rubano il lavoro. Ma c’è un modo per inventarlo e crearlo…

L’automazione si sta sostituendo sempre più alla tradizionale occupazione: un lavoro su tre è ormai a rischio. Il futuro è alta formazione, nuovi mestieri (compreso il ritorno all’agricoltura) e attività multitasking

COME INVENTARSI UN LAVORO –

L’occupazione non riprende, e questo lo sappiamo, ma forse riflettiamo poco su un nuovo paradigma con il quale stiamo facendo i conti: il lavoro non c’è. Almeno nei modi e nelle forme in cui lo abbiamo inteso nell’intero Novecento. I centri di ricerca più accreditati avvertono che quasi un lavoro su tre è a rischio nel prossimo ventennio, e pochi giorni fa il Guardian ha pubblicato uno studio della Banca d’Inghilterra: l’avvento dei robot potrebbe distruggere quindici milioni di posti in Gran Bretagna. Perfino in Cina, dove la manodopera è ancora a buon prezzo, 800mila macchine hanno sostituito, nelle fabbriche, gli uomini e le donne. E sarà sempre peggio.

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LIBRO AL POSTO TUO –

Con un libro costruito su storie, racconti, e persone in carne ed ossa, più che con i numeri, Riccardo Staglianò (Al posto tuo, edizioni Einaudi) ci accompagna in questo viaggio, in giro per il mondo, dove osserviamo, quasi passivamente, come il web i robot ci stanno rubando il lavoro. A partire dalla stazione Termini, dove Staglianò ha fatto i conti delle biglietterie self-service: sono in tutto 104, e corrispondono a interi turni di manodopera che salta, e non è facile ricollocare, se non attraverso la solita scorciatoia dei prepensionamenti. Da Termini si arriva fino ad Amazon, che prima ha cancellato un’intera filiera del piccolo commercio (pensate all’eclissi delle librerie che muoiono come se ci fosse un’epidemia), e adesso sta eliminando i postini, sostituendoli con i droni che consegnano un pacco in mezz’ora nel raggio di 25 chilometri.
La rivoluzione tecnologica, il motore propulsivo del cambiamento del Nuovo Millennio, è ovviamente inarrestabile, e rallentarla ricorda i vetturini a cavallo quando si illudevano, con qualche sciopero che lasciava a terra “lor signori”, di fermare la discesa in campo della concorrenza del taxi e dell’automobile. E la tecnologia, per sua natura, riscrive le gerarchie del mercato, azzera alcune figure, a livello impiegatizio e specie nella parte bassa della piramide, riorganizza il lavoro, con tanti, invisibili Cipputi che spesso, sempre più spesso, sono solo macchine. Pensate un attimo ai giornali. Prima, fino a una ventina di anni fa, a monte di un foglio stampato e di un giornalista che scriveva si contavano i correttori di bozze, i dimafonisti, i titolisti. Tutte figure intermedie scomparse, laddove oggi da soli, con il web, possiamo scrivere, titolare, impaginare e mettere in Rete il nostro quotidiano.

E non è vero, come qualcuno ci vorrebbe far credere, che i posti che scompaiono, come racconta Staglianò, saranno tutti gradualmente rimpiazzati, secondo l’assioma del capitalismo distruttivo e creativo allo stesso tempo. Non è così. Piuttosto, specie per i nostri figli, bisogna attrezzarsi al cambiamento, convincersi che il lavoro laddove non c’è bisogna essere capaci di inventarlo.

Come? Innanzitutto alzando l’asticella della formazione: quanto più un giovane sarà qualificato, tanto più avrà possibilità di accesso al mercato del lavoro. Se lo sportellista in banca sta scomparendo, c’è però domanda di analisti finanziari, professionisti del risparmio gestito, risk manager. Se l’operaio lascia il posto al robot, poi serve il personale specializzato che fa funzionare le macchine, le guida, le governa. E se Amazon cancella le botteghe, l’artigianato digitale diventa una nuova opportunità nel settore. Infine, ai giovani bisogna dire la verità: attrezzatevi per essere multitasking, anche sul lavoro. Siate capaci di passare da un mestiere all’altro e di farne anche più di uno, contemporaneamente. Guadagnerete meglio e potrete sperare di dare scacco matto al nemico chiamato robot.

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