Città per ciclisti, nella classifica delle migliori in Europa, l’Italia semplicemente non esiste

Oggi anno un passo indietro, invece di andare avanti: siamo passati da 7,95 metri di ciclabili ogni 100 abitanti nel 2014, ai 7,17 del 2016. Ma non stanno tutti a parlare di mobilità in bici? Il caso di Siviglia: soldi spesi bene, e non sprecati, per marciapiedi allargati e corridoi per le due ruote in sicurezza

CITTÀ A MISURA DI CICLISTI

CITTÀ PER CICLISTI –

Un’assenza purtroppo confermata anche nel 2016, con alcune novità che però si aggiungono a questo triste non primato del Paese, dove pure abbiamo ottime condizioni per andare in bici, un’industria delle due ruote molto fiorente, e un universo di appassionati al ciclismo che pochi paesi possono vantare.

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CITTÀ A MISURA DI CICLISTI –

La più importante novità è che accanto a paesi del Nord Europa, come l’Olanda e la Finlandia (non a caso ai primi due posti della classifica compaiono Copenaghen e Amsterdam) continuano ad avanzare, con passi da gigante, grandi e medie città di paesi, come la Spagna, che in fatto di mobilità a due ruote erano dietro l’Italia. E oggi invece sono ben più avanti, con due città, Siviglia e Barcellona, piazzate tra le prime dieci in Europa.

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Per capire questa vera e propria “rivoluzione a due ruote”, con l’eccezione italiana, basta prendere il caso di Siviglia, il capoluogo dell’Andalusia, dove sono stati investiti, in pochi anni, 32 milioni di euro per cose semplici ma molto efficaci: marciapiedi più larghi, corridoi protetti e sicuri per i ciclisti, fino ad arrivare a 120 chilometri di piste ciclabili. Noi, al contrario, di soldi ne abbiamo spesi tanti e di più, ma spesso per piste-fantasma, per opere inutili, per infrastrutture che non sono mai servite. E nella classifica della ciclocittà europee top non ci siamo.

CITTÀ BIKE FRIENDLY –

Seconda novità che fa riflettere: tra le città più bike friendly in Europa ci sono ormai buona parte delle capitali del Vecchio Continente. Comprese Londra, Parigi, Vienna, Berlino. E Roma? Assente ingiustificata. Mentre Parigi ormai conta su una rete di 500 chilometri di piste ciclabili, ed entro il 2020 punta a portare più di mezzo milione di abitanti in giro per la città solo con la bici, Roma è ancora in attesa del completamento del GRAB, il grande raccordo anulare delle bici, la maxi-ciclovia dei romani, anche questa già abbondantemente finanziata ed entrata perfino nella legge finanziaria. Insomma: per essere una città bike friendly, ci dice l’Europa, servono soldi, sicuramente, ma prima ancora la capacità di saperli spendere, di non sprecarli, e di metterli al servizio del cambiamento degli stili di vita nell’interesse di tutti i cittadini. E mentre in Europa la bici è sempre più un mezzo di nuova mobilità, di cambiamento radicale degli stili di vita, di nuovi consumi e di nuova crescita economica (i suoi benefit nella Ue valgono 513 miliardi di euro l’anno), nell’Italia meridionale la disponibilità di piste ciclabili non solo non aumenta, ma perfino diminuisce. E la media italiana passa da 7,95 metri di ciclabili ogni 100 abitanti del 2014, ai 7,17 del 2016. Un bel passo indietro.

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