Capitalisti a lezione da Keynes

Alla vigilia della Grande Crisi del 1929, John Maynard Keynes tenne alcune lezioni a studenti e colleghi delle universita’ di Winchester e Cambridge sul futuro del capitalismo: ne nacque un testo di un ventina di pagine che, stranamente, e’ sempre stato trascurato dagli economisti, compresi i piu’ ortodossi seguaci del maestro. In realta’, la stranezza […]

Alla vigilia della Grande Crisi del 1929, John Maynard Keynes tenne alcune lezioni a studenti e colleghi delle universita’ di Winchester e Cambridge sul futuro del capitalismo: ne nacque un testo di un ventina di pagine che, stranamente, e’ sempre stato trascurato dagli economisti, compresi i piu’ ortodossi seguaci del maestro. In realta’, la stranezza si puo’ spiegare con due motivi. Il primo riguarda il taglio utopistico degli interventi di Keynes che, avventurandosi nel perimetro dell’etica e della filosofia, si spinge fino all’immaginazione di un capitalismo da stato di beatitudine. Senza conflitti e tensioni sociali, con un primato della politica capace di governare anche l’andamento demografico e una sovranita’ della scienza, con un tasso di accumulazione fissato nel margine tra produzione e consumo. Utopie, appunto. Il secondo motivo dell’oblio del testo e’ il giudizio sferzante che Keynes riserva agli economisti, invitati a pensare come se fossero una categoria di persone utili e competenti, per esempio i dentisti. Guido Rossi riprende il testo di Keynes (Possibilita’ economiche per i nostri nipoti, edizioni Adelphi, 52 pagine 5,5 euro), lo aggiorna al tempo della crisi che stiamo attraversando, e prova a dimostrare come le congetture del maestro fossero meno virtuali di come e’ sembrato finora. Il ragionamento di Rossi si puo’ condensare nell’idea di un capitalismo che non ha piu’ i suoi punti cardinali nel trittico avarizia-usura-lotta per la ricchezza, ma mostri il volto di un moderno umanesimo economico. Dove il centro del sistema non e’ il capitale, con le degenerazioni della finanza, ma il lavoro, cioe’ la principale attivita’ dell’uomo. E’ chiaro che la ristampa del testo di Keynes offre un’occasione a Rossi per proporre un cambiamento di agenda nelle politiche nazionali e internazionali, a partire da quegli interventi per ridurre lo squilibrio Nord e Sud del mondo, dove in una stanza si crepa (un miliardo di persone vivono con meno di un dollaro al giorno) e nell’altra si spreca. Insomma: questa crisi deve diventare, nel pensiero di Rossi, un’opportunita’ per un cambio radicale del modello di sviluppo che attualmente sta bruciando su un rogo. Che cosa nascera’ dalle ceneri del capitalismo come lo abbiamo conosciuto in questi ultimi anni e’ ancora troppo presto per capirlo e anche solo per immaginarlo. Quello che conta, per Rossi, e’ la possibilita’, nel pensare il cambiamento, di concederci un alto tasso di utopia. Proprio come aveva fatto il grande Keynes nel lontano ’29.

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