Capalbio senza biblioteca

Il professor Alberto Asor Rosa, forse con un pizzico di ironia ma sfiorando qualche verità, l’aveva ribattezzata la «piccola Atene». Cultura estiva, forse un po’ troppo raccontata, intellighenzia di sinistra, «falce e secchiello» (ma negli ultimi tempi anche molto liberal) gioia e delizia di un borgo straordinario della Maremma davanti a una spiaggia ancora incontaminata. […]

Il professor Alberto Asor Rosa, forse con un pizzico di ironia ma sfiorando qualche verità, l’aveva ribattezzata la «piccola Atene». Cultura estiva, forse un po’ troppo raccontata, intellighenzia di sinistra, «falce e secchiello» (ma negli ultimi tempi anche molto liberal) gioia e delizia di un borgo straordinario della Maremma davanti a una spiaggia ancora incontaminata. Il libro ha sempre trionfato a Capalbio e non solo sotto gli ombrelloni dell’Ultima Spiaggia, lo stabilimento balneare dove quasi ogni estate arrivano (o arrivavano) Francesco Rutelli e la moglie Barbara Palombelli, Furio Colombo, Claudio Petruccioli, Alberto Asor Rosa, Ferdinando Adornato, Chicco Testa, Lucrezia Lante Della Rovere, Nicola Caracciolo, l’ex procuratore antimafia, Piero Luigi Vigna, ma anche nel borgo e soprattutto nelle rassegne notturne prese d’assalto da librai, editori e autori blasonati: anche tre le presentazioni al giorno. Adesso però, se pur con qualche ritardo, vacanzieri illustri e i circa quattromila cittadini (in estate triplicano) si sono accorti di non avere la fonte primaria della cultura libraria: una biblioteca. O meglio una biblioteca comunale c’è ma è chiusa da anni. Nei locali dove si trovava si è allargata la Banca di Credito Cooperativo. Nell’istituto lavora il sindaco Luigi Bellumori, fanno notare i soliti maliziosi, ma è solo un caso e il resto illazioni. Anche perché da tempo la biblioteca è chiusa e Bellumori non ne ha alcuna responsabilità. Una cosa invece è certa: la biblioteca è una risorsa preziosa.

VOLUMI IMPORTANTI –Negli anni Settanta, Carlo Muscetta, intellettuale romano, critico letterario, uno dei 101 intellettuali comunisti dissidenti dopo l’intervento sovietico in Ungheria e il primo a scoprire e valorizzare Capalbio, donò la sua collezione di libri alla biblioteca comunale. Ci sono volumi importanti, dicono gli esperti, imperdibili e da tempo immemore purtroppo non consultabili. Gli intellettuali, vacanzieri e non del borgo maremmano, chiedono sempre più spesso di riappropriarsi di questo tesoretto, senza per altro avere risposte certe. Ma il sindaco, Luigi Bellumori (Pd), tranquillizza: «I libri sono stati catalogati e impacchettati in attesa di un progetto che abbiamo presentato nel regolamento urbanistico proprio in questi giorni in via d’adozione. Puntiamo, se i finanziamenti ce lo consentiranno, a realizzare una biblioteca e un centro culturale nell’ex palazzo comunale. Comunque nella scuola omnicomprensiva (materne, elementari e medie) c’è una piccola biblioteca e da poco in paese ha aperto anche una libreria che fa pure servizio sulla spiaggia». Non è proprio la stessa cosa e dunque tutti sperano nella ristrutturazione dell’ex palazzo municipale. Con molti dubbi. Lucia Biagi, ex sindaco e oggi capo dell’opposizione, dice che ha cercato di rifar nascere la biblioteca senza purtroppo riuscirci e dubita che questa giunta riuscirà nell’impresa. Insomma, la «piccola Atene» rischia di restare a secco di libri ancora per molti anni.

«RIAPRILA NON È UN’UTOPIA» – E poco importa se qui ha trascorso le vacanze, prima della nomina a presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che di cultura e libri è da sempre un accanito consumatore. «La chiusura di una biblioteca comunale è un fatto grave per la cultura – dice Vittorio Emiliani, giornalista, già direttore del Messaggero, seconda casa a Capalbio – anche perché è un punto di riferimento per i giovani. Non conosco comuni che non abbiano biblioteche, anzi semmai se ne aprono e si cerca di arricchirlo. Credo che sia possibile ottenere finanziamenti e provvidenze da Provincia e Regione e magari entrare in qualche consorzio. Riaprire la biblioteca di Capalbio non è un’utopia».

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