«La burocrazia italiana fa danni ai cittadini ma ancor più allo Stato»

Le disavventure di un cittadino che vuole pagare le tasse raccontate da Pietro Ichino in una lettera al Corriere della Sera

La burocrazia italiana «fa molto danno ai cittadini, ma forse ne fa ancora di più allo Stato stesso che la produce». Lo scrive il giuslavorista Pietro Ichino in una lettera al Corriere della Sera.

LE DISAVVENTURE DI UN CITTADINO CHE VUOLE PAGARE LE TASSE

«L’arroganza di un’amministrazione fiscale alla quale tutto è dovuto dal cittadino-suddito, mentre nulla essa stessa al cittadino deve. Non la semplificazione possibile, non l’informazione completa e tempestiva, non la proporzione fra gli aggravi per il cittadino e il vantaggio che lo Stato ne trae», scrive Ichino nel suo sito.

Riportiamo alcuni stralci della lettera al Corriere della Sera. Tutto è nato dalla volontà di registrare il contratto di affitto di un appartamento di proprietà di Ichino e del fratello. L’odissea inizia all’Agenzia delle Entrate.

«L’impiegato che esamina la pratica osserva che sul contratto avrei dovuto apporre due marche da bollo, da 14,62 euro l’una. Vado dunque a comprarle e torno con le marche da bollo; sennonché l’impiegato osserva che le marche avrebbero dovuto recare una data anteriore a quella della stipulazione del contratto e ci aggiunge una sanzione di euro 3,65 (ma perché mai, dal momento che la registrazione, per legge, può avvenire fino a 30 giorni dopo la stipulazione?).

A questo punto, l’impiegato rileva che i proprietari sono due: non si può procedere alla registrazione senza che siano presenti entrambi. Ma mio fratello abita in un’altra città! Allora deve inviare una procura perché io possa rappresentarlo.Obietto che, se anche mio fratello non mi avesse incaricato di questo adempimento, lo Stato dovrebbe essere contentissimo del fatto che io lo compia. Niente da fare: occorre la procura. Perché? Perché anche su quella si paga l’imposta di registro: altri 168 euro. E se mio fratello fosse venuto di persona? Altri 168 euro anche in quel caso, senza rimedio. E se mio fratello non ne volesse proprio sapere? L’impiegato non risponde; ma i suoi occhi parlano da soli: «Vuole smetterla di formulare ipotesi totalmente estranee a quelle contemplate dal regolamento?».
Chiedo dunque a mio fratello di prendere appuntamento con un notaio per stipulare la procura. Costo: 300 euro per il notaio più i 168 della registrazione dell’atto.

Torno quindi all’Agenzia delle Entrate, convinto di avere superato l’ultimo ostacolo. A questo punto viene effettuato il computo dell’imposta di registro da pagare: di base 472 euro. Ma l’impiegato osserva che nel contratto abbiamo inserito una penale – peraltro assai modesta – per il caso in cui l’inquilino ritardi nei pagamenti. Per questa sola clausola aggiuntiva l’imposta di registro aumenta di 168 euro (e se poi non ci saranno ritardi nei pagamenti? Non importa: l’imposta aggiuntiva va pagata lo stesso). Insomma, alla fine l’imposta da pagare viene determinata in 640 euro più i 168 per la procura. E mi spiegano che per pagarla devo compilare un modulo F23 e andare a fare il pagamento in Banca.

Eseguito diligentemente anche questo passaggio, torno fiero all’Agenzia delle Entrate con il mio F23 timbrato dalla banca. Penso dentro di me: «Ho pagato, ora devono soltanto prendere atto ed effettuare la registrazione». Effettivamente, a questo punto l’impiegato prende a digitare intensamente sul suo terminale. Ma subito aggrotta la fronte: «Lei ha più di nove proprietà immobiliari». «No», rispondo «ne ho solo tre: oltre alla prima casa, un appartamentino in montagna e una casa in Toscana». Già, ma se si contano anche due pezzetti di terreno che vi sono attaccati, due box e due soffitte di cui una adattata a mansarda, si arriva proprio a nove. E ora con l’appartamento della mamma fanno dieci. Devo riconoscere che l’impiegato ha ragione; ma ancora non comprendo dove voglia andare a parare. Me lo spiega impietosamente lui stesso: chi possiede più di nove unità immobiliari non può fare la registrazione allo sportello; può farla solo per via telematica».

Continua a leggere la lettera originale.

 

 

 

 

 

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