Spreco di cibo, approvata una legge che semplifica le donazioni. Ma non colpisce gli spreconi

Gli incentivi per chi dona, ci sono, le sanzioni per chi spreca il cibo invece non sono previste. Così è una legge a metà, molto italiana, ovvero all'insegna del solito motto sbagliato: tanti diritti, ma nessun dovere.

APPROVAZIONE LEGGE CONTRO SPRECHI ALIMENTARI –

Una legge contro gli sprechi del cibo, autentica vergogna nazionale nonostante lo sforzo di tante famiglie, tante donne bravissime casalinghe, per ridurre lo sperpero domestico, sicuramente ci voleva. Ed è un bene per tutti averla approvata in modo definitivo sia alla Camera sia al Senato, anche per aiutare le donazioni di cibo altrimenti sprecato. Resta però il nervo scoperto di questa legge tanto discussa e limata, anche per il lavoro ai fianchi dei parlamentari delle varie lobby: gli incentivi per chi dona, ci sono; le sanzioni per chi spreca il cibo, nella rete commerciale e distributiva, non sono previste. Così è una legge a metà, molto italiana, ovvero all’insegna del solito motto sbagliato: tanti diritti, ma nessun dovere.

La legge semplifica le donazioni delle eccedenze alimentari e incentiva i commercianti a non buttare nella spazzatura prodotti ancora commestibili. In Italia, infatti, un’ottusa burocrazia rende complicato perfino evitare questo scempio con un gesto di buonsenso più che di generosità. Si richiede una dichiarazione per le autorità sanitarie da compilare cinque giorni prima (!) delle cessione e se un supermercato consente a un’associazione di volontari di ritirare uno yogurt ammaccato, la cui data “da consumarsi preferibilmente entro..” è scaduta, rischia una multa.

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LE NUOVE NORME ITALIANE CONTRO GLI SPRECHI ALIMENTARI –

Con le nuove norme il riepilogo delle donazioni va fatto ogni mese, a consuntivo, e si può evitare fino a 15mila euro di cibo, mentre per le scadenze, l’importante è garantire l’integrità degli imballaggi e la buona conservazione dei prodotti. Fin qui le semplificazioni, alle quali si aggiungono gli incentivi. La possibilità di scaricare l’Iva delle merci donate e una riduzione della tassa dei rifiuti in proporzione alla quantità del cibo ritirato dalle associazioni. Manca, invece, un terzo anello che avrebbe completato una legge che vuole davvero ridurre i 12 miliardi di euro (5,6 milioni di tonnellate) di cibo che finisce quasi sempre nelle discariche: le sanzioni per chi non collabora.

LA LEGGE FRANCESE CONTRO GLI SPRECHI DI CIBO –

La Francia, per esempio, lo ha fatto, e in modo anche molto rigoroso, seguendo l’esempio di altri paesi del Nord Europa dove lo spreco delle derrate alimentari è stato molto ridimensionato. La legge francese impone ai punti vendita della grande distribuzione di fare accordi con le associazioni benefiche, e in caso contrario prevede multe fino a 75mila euro e perfino condanne a due anni di carcere. Qui non si tratta di colpire i rivenditori, e in particolare la grande distribuzione, ma di creare un sistema efficace nel quale oltre a semplificare le regole è necessario indurre, anche con lo spauracchio di una multa, tutti i soggetti a partecipare. Tra l’altro l’Italia ha un punto di forza in questa battaglia, rappresentato dalla straordinaria vitalità della rete del volontariato che, da sola, regge l’urto della nuova e vecchia povertà. Pensate a questo assurdo: la Caritas a Roma spende circa 20mila euro l’anno per rifornire di pane le sue mense per i poveri, mentre allo stesso tempo nei vari negozi della capitale, grandi e piccoli, circa un terzo del pane, quello invenduto, finisce puntualmente nella spazzatura. La legge sullo schema francese, nata sulla base di una petizione popolare con milioni di firme, dovevamo farla noi, e magari presentarla in occasione della vetrina dell’Expo, invece dei generici richiami allo spreco alimentare contenuti nella famosa Carta di Milano.

In ogni caso, anche se con poco coraggio, scarso tempismo, e con un compromesso all’italiana, un passo avanti è stato fatto. Una spinta al cambiamento che si abbina a una significativa riduzione dello spreco di cibo a livello domestico, quello che facciamo impunemente quando dopo pranzo infiliamo nel secchio dell’immondizia tutti gli avanzi.

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COSTI SPRECO DI CIBO IN ITALIA –

Uno spreco che resta comunque molto alto, qualcosa come 210 euro a persona, il 43 per cento del totale degli sperperi alimentari. E qui non c’è legge che tenga, il fenomeno potrà rientrare solo quando riusciremo a convincerci che il danno dello spreco si consuma sotto la spinta occulta della nostra indifferenza. Un tema etico, più che giuridico. Sul quale le parole Papa Francesco sono state chiarissime nella loro forza pastorale: “Chi spreca il cibo, è come se lo rubasse alla mensa dei poveri”. Dunque è un peccatore.

LEGGE CONTRO SPRECO CIBO, FARMACI E VESTITI –

Infine, la legge oltre che alle derrate alimentari fa riferimento anche ai farmaci e ai vestiti. Ed è giusto, perché si tratta di altri aspetti, altrettanto gravi, del fenomeno dello spreco. Gli italiani sono divoratori di medicinali, anche per il fatto che in gran parte non li pagano (salvo poi il conto che arriva con la spesa pubblica fuori controllo): gettiamo ogni anno nella spazzatura qualcosa come 1 miliardo di pillole. Soldi che lo Stato, attraverso il Servizio sanitario nazionale, potrebbe risparmiare, e medicinali che aiuterebbero tante famiglie prive del denaro per acquistarli. Fate una semplice verifica nel vostro armadietto delle medicine, e scoprirete quante confezioni sono ormai giunte alla scadenza, e dunque risultano ormai inutilizzabili. Come i vestiti: uno sguardo nell’armadio, magari al momento del cambio di stagione, e avrete la conferma della statistica in base alla quale ogni italiano, in media, non indossa mai, neanche per un giorno, un terzo del suo guardaroba. Non sprecare, leggi dello Stato e della morale a parte, può e deve diventare un nuovo stile di vita. Leggero, non ossessivo, non pauperista, ma con uno sguardo largo, che si allunga dalla convenienza alla responsabilità di riconoscere l’altro, qualsiasi siano le sue sembianze.

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