Aborti: in tempo di crisi si spreca la vita.

MILANO ? In aumento le richieste di abortire per difficolta’ economiche. L’allarme arriva dalla clinica Mangiagalli di Milano che, con le sue 1.700 interruzioni di gravidanza all’anno, e’ il primo ospedale della Lombardia per numero di aborti. Il problema e’ stato evidenziato ieri dal direttore sanitario Basilio Tiso: Mai come adesso la mancanza di soldi […]

MILANO ? In aumento le richieste di abortire per difficolta’ economiche. L’allarme arriva dalla clinica Mangiagalli di Milano che, con le sue 1.700 interruzioni di gravidanza all’anno, e’ il primo ospedale della Lombardia per numero di aborti. Il problema e’ stato evidenziato ieri dal direttore sanitario Basilio Tiso: Mai come adesso la mancanza di soldi sta condizionando la decisione di tenere un bambino, anche e soprattutto tra le italiane ? dice ?. uno degli effetti della crisi finanziaria. Inversione di rotta. Un anno e mezzo fa proprio l’ospedale di via Commenda 12 era stato al centro di un baby boom sorprendente che aveva fatto parlare del ritorno della voglia di fare figli a Milano. Dati confermati. Ma adesso, nella metropoli dai 13 mila posti di lavoro a rischio solo tra gennaio e febbraio, con le donne sempre piu’ in difficolta’ a conciliare lavoro e famiglia (le dimissioni post parto sono in crescita del 4%), tira un’altra aria.

LISTE D’ATTESA
– Il primo segnale tangibile e’ l’allungamento delle liste d’attesa per chi vuole interrompere la gravidanza. Dai sette giorni tradizionali, previsti dalla legge 194 sull’aborto, oggi in Mangiagalli si arriva anche a dieci/ dodici. C’e’ un’ondata allarmante di richieste che facciamo fatica a soddisfare ? dice Augusto Colombo, il ginecologo responsabile della 194 ?. La prima ipotesi che ci viene in mente per giustificarla e’ la recessione. Chi fa fatica ad arrivare a fine mese spesso rinuncia a fare un figlio. una triste realta’. Li definiscono gli aborti senza alternative. Quelli di single co.co.co., coppie con un lavoro precario, giovani in cassa integrazione. Un dossier messo a punto in via Commenda due anni fa, ma piu’ attuale che mai, mostra che il 12% delle donne che chiedono di abortire sono disoccupate, il 3% in cerca di lavoro, il 10% studentesse, il 12% casalinghe. Insomma: una su tre di quelle che decidono di interrompere la gravidanza e’ senza un’occupazione stabile. Al momento non ci sono statistiche ufficiali sul nuovo fenomeno ? precisa Tiso ?. Il numero di aborti che possiamo garantire con venti medici e’ sempre di 40 alla settimana. L’impressione e’, pero’, che ci sia un disagio crescente dovuto alla precarieta’ lavorativa e al carovita. Sullo sfondo, un dato certo: solo nel primo anno di vita un neonato a Milano costa cinquemila euro tra lettino, carrozzina, pannolini, tutine, latte in polvere e omogeneizzati.

IMMIGRATE
– Tra le immigrate, invece, sono in crescita gli aborti fai-da-te con pillole a base di misoprostolo che, somministrato in dosi elevate, provoca le contrazioni con la conseguente espulsione del feto. Ma questa e’ tutta un’altra storia. Sempre, pero’, d’attualita’: La questione non e’ legata alla crisi economica ? dicono in Mangiagalli ?. Ma alla paura delle clandestine di venire denunciate.

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